La guerra contro Francesi e Americani
Il principe "rosso" Souphanouvong
Nel 1893 il Regno del Siam “cedette” alla Francia i suoi interessi su tutti i territori a Est del Mekong; con successivi trattati, stipulati nel 1902, 1905 e 1907, il Siam rinunciò a altre parti di territorio sulla riva destra e così si definirono le linee di confine che sono ancora oggi in vigore. Erano linee di frontiera ispirate esclusivamente a considerazioni geopolitiche e quindi prescindevano da qualsiasi considerazione di carattere etnolinguistico per cui il popolo lao si trovò a essere di fatto spaccato in due: i Lao che vivevano nel Regno del Laos e i Lao, ancor più numerosi, che vivevano sul vasto altopiano di Korat nel Regno del Siam. Questa vicenda era però già stata regolata, in modo definitivo, il 15 gennaio 1896 quando le due potenze coloniali, Francia e Inghilterra, sottoscrissero un accordo con cui si spartivano le rispettive sfere di azione nel Sud-Est asiatico: l'Inghilterra vedeva riconosciuta la propria sovranità fino ai confini della Birmania mentre la Francia aveva mano libera su tutta l'Indocina. In mezzo, onde evitare pericolose frizioni fra i due domini coloniali, si lasciava uno Stato “tampone”: il Regno del Siam, che per vedersi garantita l'indipendenza doveva però rinunciare a ogni sua mira espansionistica. In questo modo nacque uno stato unitario che prima non era mai esistito e per questo Stato venne anche inventato un nome: Laos. Sul piano istituzionale l'unità era però una finzione e il paese non aveva una veste unitaria perché fu conservata una fittizia autonomia al Regno di Luang Prabang, che era posto sotto un regime di Protettorato, ma tutto il territorio ricadeva sotto l'amministrazione diretta francese che aveva posto la propra capitale amministrativa in Vientiane, che era stata ricostruita dopo la devastazione del 1830, e qui il potere effettivo era esercitato da un Residente Superiore francese che era alle dipendenze del Governatore Generale di Indocina. Il Laos è un paese vasto ma che già allora era scarsamente popolato e le sue risorse naturali non erano che marginalmente sfruttate: scarsi quantitativi di stagno, caffè e legname, che producevano modesti utili. Nel 1900 la popolazione era di soli 470.000 abitanti che furono assoggettati a un regime di tassazione diretta in denaro di circa una piastra e mezza pro capite. Molti non erano però in grado di pagare e l'amministrazione coloniale, per coprire le proprie spese di funzionamento, ricorse all'odioso sistema della imposizione di un Monopolio di Stato sulla produzione e la vendita di alcol e di oppio. Ogni abitante maschio, di età tra i 18 e i 60 anni, era obbligato a acquistare sette litri di alcol di riso all'anno, anche se era astemio, e doveva consegnare all'Amministrazione due chili di oppio all'anno, anche se non ne era produttore. La presenza di coloni francesi era minima così come era ridottissima anche la presenza di quadri amministrativi e militari provenienti dalla Francia in quanto troppo onerosi per il bilancio dell'Amministrazione. Nel 1937, il totale degli Europei residenti stabilmente in Laos era di sole 574 persone e per fare fronte alle carenze degli organici, la Francia mise in atto un processo di “vietnamizzazione” delle strutture coloniali. I livelli più bassi della cariera esecutiva dell' amministrazione e i gradi inferiori di Gendarmeria ed Esercito furono coperti, sia in Laos che in Cambogia, da impiegati e graduati vietnamiti che erano stati addestrati nelle scuole di Hue e Hanoi. Moltissimi si trasferirono portando con sé i familiari cosiché nel 1940, i Vietnamiti costituivano il 60 % di tutta la popolazione urbana del Laos. Esattori fiscali, doganieri, sottoufficiali dell’esercito, gendarmi, impiegati, uscieri e addetti a tutte le altre funzioni esecutive dell’apparato coloniale erano dei Vietnamiti e questo spiega la ragione per cui, ancora oggi, i Vietnamiti non sono amati né in Cambogia né in Laos: per decenni, fino a 60 anni fa, per la gente del popolo sono stati loro il volto evidente dell’oppressione coloniale. Mezzo secolo di presenza francese non modificò grandi cose nella struttura economica e sociale del paese che restò ferma ai tradizionali modi di produzione. Non nacque neppure un embrione di borghesia mercantile né fu compiuto dalla amministrazione coloniale alcuno sforzo per favorire la crescita culturale e scientifica del paese. Negli anni '40, lo stanziamento per l'istruzione pubblica ammontava a un misero 2 % del bilancio e nel 1937 esisteva un solo istituto di studi secondari, a Vientiane, con 110 alunni di cui solo 44 erano Laotiani. L'unica novità per la gente delle campagne fu l’inasprimento del carico fiscale che fece esplodere episodici ma ricorrenti moti di protesta che vennero però sempre repressi senza difficoltà dalla Gendarmeria e dalla fanteria coloniale. Più aspre, e mai domate, furono invece le lotte condotte dalle popolazioni delle montagne del centro-Sud: i Lao Theung, che furono cacciati dalle loro terre per abbattere le foreste e far posto alle piantagioni di the e caffè, mentre gli uomini erano spesso costretti a un vero e proprio lavoro coatto, in condizioni di vita spaventose, nelle proprietà agricole dei coloni francesi. La rabbia e lo spirito di rivolta, tuttavia, non seppero mai evolvere in opposizione politica organizzata e, meno ancora, in lotta armata di liberazione, come invece accadeva negli stessi anni in Vietnam. Le ragioni della pax laotiana non sono da attribuire a una supina arrendevolezza delle genti ma essenzialmente sono da ricercare nella estrema esiguità della popolazione urbana, nell'assenza di una classe borghese che producesse una intelettualità nazionale e nella polverizzazione della popolazione agricola in una miriade di borgate di poche centinaia di anime sparse su un vastissimo territorio montagnoso. Anche gli anni della Seconda Guerra Mondiale trascorsero senza che nel Laos le vicende interne subissero il minimo contraccolpo dei grandi rivolgimenti mondiali e i Giapponesi, che avevano occupato Vietnam e Cambogia nel 1941, non entrarono in Laos che nel 1945. La vera guerra che in quegli anni fu combattuta sulle rive del Mekong fu quella tra il nazionalismo pan-thai e quello lao. Con il colpo di Stato del 1932 aveva preso il potere nel Regno del Siam un forte partito nazionalista che, in politica estera, predicava il credo della “grande Nazione di tutti i Thai” e, cambiando anche, nel 1939, il nome del Regno del Siam in Thailandia, la “Terra dei Thai”, manifestava chiaramente la sua volontà di ridefinire le linee di frontiera riunendo in un solo Stato tutti i Thai, compresi quelli che vivevano in Laos e in Birmania. Le autorità francesi del Protettorato, che obbedivano al governo collaborazionista di Vichy, reagirono con una campagna di apertura alle élites sociali, economiche e politiche laotiane, sollecitandone lo spirito nazionalista per scongiurare una annessione alla Thailandia che avrebbe significato l’inizio di uno smembramento del loro dominio coloniale. Su un piano pratico questa campagna produsse miseri effetti perché nessun potere venne trasferito né fu intrappresa alcuna riforma dell’ordinamento coloniale, la sola conseguenza fu la nascita di un “partito” di notabili francofili che poi, nei drammatici decenni successivi, costituirono la base del partito filo-occidentale. La sconfitta del Giappone fece cadere le ambizioni pan-thai dei nazionalisti thailandesi e, nell’immediato dopoguerra, il Laos si trovò invece a affrontare, con Vietnam e Cambogia, il cruciale problema dell’indipendenza dalla Francia. Il conflitto nacque all’interno stesso della famiglia reale dove il re Sri Savang Vong era favorevole a un ritorno, negoziato, dei Francesi, mentre suo nipote, il potente principe Petsarath di Vientiane, postosi a capo del movimento dei Lao Issara reclamava l’indipendenza. Il movimento si spezzò subito in tre tronconi che incarnavano le tre anime dello schieramento indipendista. Petsarath era contrario a ogni trattativa con i Francesi e voleva l’indipendenza immediata. Il suo fratellastro principe Souvanna Phouma, vicino alle posizioni del sovrano, era disposto a negoziare con la Francia una forma di relativa indipendenza nell’ambito della Unione francese. La necessità di una lotta, anche armata, a fianco del Viet-minh per l’indipendenza di tutta l’Indocina veniva invece sostenuta da un terzo fratellastro, il principe Souphanouvong. Nell’agosto del 1946 la Francia concesse al Laos una parziale autonomia nel quadro dell’Unione francese e nel 1947 una riforma istituzionale trasformò il paese in monarchia costituzionale. Due anni più tardi la Francia concesse l’indipendenza, ma sempre nel quadro della Unione francese. Souvanna Phouma accettò questa soluzione mentre invece Souphanouvong rimase sulle montagne dove aveva costituito il fronte armato del Pathet Lao, la “Patria Lao”, che combatteva a fianco del Viet-minh. La Francia, sconfitta a Dien Bien Phu, uscì definitivamente dalla scena con gli accordi di Ginevra del 1954 ma le ingerenze straniere non cessarono perché immediatamente gli Stati Uniti iniziarono a sostenere economicamente e politicamente le forze filo-occidentali del governo laotiano mentre il Pathet Lao e i suoi alleati, che controllavano tutto il Nord-Est e avevano costituito il Fronte Patriottico Lao, godevano dell’appoggio del Vietnam e di Cina e Unione Sovietica. Le due opposte fazioni laotiane previlegiarono sempre la via della trattativa a quella del confronto armato e così si affrontarono alle elezioni per l’Assemblea Nazionale nel 1958. Il Fronte Patriottico ottenne la maggioranza con 13 seggi su 21. La destra reagì con un colpo di Stato che portò all’arresto di ministri e parlamentari del Fronte. Souphanouvong stesso finì in galera ma riuscì a evadere e raggiungere in montagna le forze del Pathet Lao che intanto avevano ripreso le armi. Il Laos, anche se già viveva immerso nelle tragiche vicende del XX secolo, sembrava ancora prigioniero dell’antica consuetudine dei suoi principi di combattersi l’un l’altro in laceranti e sanguinose contese. A Souvanna Phouma, che reggeva il governo di Vientiane, e Souphanouvong, che guidava il Pathet Lao, si aggiunse anche Boun Oum, principe del Champassak, che nel Sud aveva creato una sua milizia e propugnava una intesa con la Thailandia. Si tentarono nuove mediazioni e si raggiunsero nuovi precari accordi che poi sfumarono, e si ricominciò da capo, anno dopo anno, fino a che il Laos, nel 1964, fu drammaticamente coinvolto nella guerra del Vietnam. Una guerra che si combatteva sull’altro versante della frontiera, ma era soprattutto in territorio laotiano, sulle selvose e impenetrabili pendici della Catena annamitica, che correva la famosa “Pista di Ho Chi Minh”, la vitale via di rifornimento che dal Nord del Vietnam scendeva a alimentare le forze dei Vietcong. Su di essa si scatenò la furia dei bombardamenti americani che, a una media di 110 incursioni aere ogni giorno, inutilmente tentarono di interromperla. I raid aerei partivano soprattutto dalla Thailandia, dall’altopiano di Korat dove era stata anche costruita una cosiddetta “strada della amicizia” che in molti tratti era stata trasformata in pista di decollo e atterraggio. Non ostante i due milioni di tonnellate di bombe che devastarono il paese, gli Americani non riuscirono però a interrompere mai le linee di rifornimento dei Vietcong e delle forze del Pathet Lao che erano attestate soprattutto nei sicuri rifugi naturali delle grotte di Sam Neua. Il fallimento della strategia aerea indusse gli Americani a tentare la tattica di combattere i guerriglieri con altri “irregolari” e venne organizzata una truppa di 10.000 uomini arruolati fra H’Mong, Thai e Lao Thueng. Gli Accordi di Pace di Parigi del 1973 consentirono un avvicinamento fra le diverse fazioni laotiane che, pur senza disarmare, cercarono una intesa politica che sfociò, il 5 aprile 1974, nella formazione di un governo di Unione nazionale presieduto da Souvanna Phouma e di un Consiglio politico nazionale consultativo presieduto da Souphanouvong. Una volta ancora l’accordo fu solo transitorio e apparente perché le divisioni politiche restavano e la situazione internazionale si evolse con tempi accellerati: il 17 aprile 1975 i Khmer rossi entrarono in Phnom Pemh, il 30 aprile cadde Saigon e nello stesso tempo gli ultimi Americani abbandonarono Vientiane seguiti da ministri, alti ufficiali e moltissima gente appartenente alle classi medie o, anche solo, gente del popolo spaventata dall’idea dell’avvento di un regime comunista. Il Pathet Lao ruppe gli indugi e il 23 agosto, senza colpo ferire, occupò la capitale senza però prendere ancora il potere: voleva una soluzione politica. La situazione precipitò quando, il 18 novembre, la Thailandia fermò tutta la linea di frontiera e il Laos si trovò in uno stato di totale isolamento e blocco commerciale. Il governo provvisorio di unità nazionale diede allora mandato ai due principi, Souvanna Phouma e Souphanouvong, di recarsi, il 28 novembre, al Palazzo reale di Luang Prabang per chiedere l’abdicazione del sovrano. Il giorno dopo re Savang Vatthana firmò l’atto e il 2 dicembre fu proclamata la Repubblica Popolare Democratica del Laos. L’Assemblea costituente nominò Souphanouvong Capo dello Stato ma riservava un ruolo anche a Souvanna Phouma e all’ex-re Savang Vatthana che ricevettero la molto ambigua carica di “consiglieri politici supremi”; si trattava però solo di una fittizia conciliazione nazionale perché dopo poco Souvanna Phouma venne pensionato e l’ex-re, con tutti i suoi più stretti famigliari, fu inviato in un campo di rieducazione da cui non fece mai più ritorno. Il potere effettivo era nelle mani del Partito Popolare Rivoluzionario Lao, in realtà un partito comunista filovietnamita e quindi di stretta osservanza sovietica, il cui segretario generale Kaysone Phomvihane assunse la carica di primo ministro e dovette come prima cosa affrontare il drammatico problema della ricostruzione di un paese che era stato lacerato da decenni di guerra e la cui primitiva economia agricola era stata praticamente distrutta dagli oltre due milioni di tonnellate di bombe rovesciate dall’aviazione statunitense nell’inutile tentativo di annientare il Pathet Lao e interrompere la Pista di Ho Chi Minh.