Questa è la storia del posto dove io vivo
E’ una borgata all’estrema periferia di Phnom Penh. Il suo nome è Phum Prei Lonhor, che si può tradurre in “Villaggio del bosco di sesamo”. Il bosco di un tempo è scomparso e sono rimasti solo dei cespugli, persi tra le risaie e i capannoni che stanno sorgendo ovunque nella cintura di Phnom Penh.
Qui vive circa un migliaio di persone: alcuni sono contadini con un pezzo di risaia e quattro mucche, molti lavorano in una delle vicine manifatture dove confezionano scarpe Puma o tute Adidas, tanti si guadagnano la giornata con lavori saltuari, tutti si arrangiano per vivere dignitosamente.
Percorrendo le fangose strade che portano in Phnom Penh, distiamo solo undici chilometri dallo Starbucks e dagli showroom di Armani, Ferragamo o Cartier della Vattanak Tower, nel centro della città, ma è come se ne fossimo distanti anni luce.
Solo nel 2013 è stato portato a termine il collegamento con la rete elettrica urbana e nel 2015 le case sono state finalmente allacciate all’acquedotto cittadino.
Nel 2012 è stata ricostruita la scuola primaria, frequentata da più di trecento bambine e bambini. Le famiglie sono quasi tutte povere ed è per loro un problema anche trovare la modesta somma necessaria all’acquisto di penne, quaderni e divise scolastiche.
C' è qualche invalido, ci sono degli anziani che non hanno più parenti e alcune famiglie, con bambini, vivono in precarie baracche e, talora, il cibo loro scarseggia. Non è una situazione eccezionale in Cambogia, è la realtà di un paese ancora molto povero.
Qui non abbiamo mai visto arrivare le auto di qualche benefica Onlus o Organizzazione Non Governativa: forse erano spaventati dal fango delle nostre strade.
Non ne abbiamo, comunque, avuto bisogno. La Cambogia lontana dal mondo “globalizzato” e rampante di Siem Reap e dei quartieri ricchi di Phnom Penh, vive ancora secondo le regole dell’antica cultura contadina, che non sono, in nulla, differenti da quelle che ancora erano in vita nelle campagne italiane cinquanta o sessanta anni fa.
Queste regole impongono l’obbligo alla solidarietà reciproca e se non rispetti tale obbligo, automaticamente, ti escludi dalla vita comunitaria. Chi ha i mezzi per farlo, deve farsi carico dei problemi comuni.
Io vivo qui dal 2009 e per la gente sono ormai "uno di loro": devo quindi rispettarne le regole. Partecipo come posso e mi sono rivolto ad amiche, amici e conoscenti italiani, e talora anche a degli occasionali visitatori, per ottenere un aiuto. Ho chiesto e continuo a chiedere di mandarci dei soldi per comperare quello di cui tante persone hanno assoluto bisogno. Io chiedo i soldi ma quando arrivano io ho finito il mio "lavoro" perché c'è un Comitato del Villaggio che decide come spenderli.
Qualche abitante (pochissimi) ha un discreto reddito e aggiunge un proprio contributo mentre tutti offrono il proprio lavoro volontario.
In questo modo abbiamo messo in funzione tre pozzi per l’acqua potabile e una centralina a dodici linee per la corrente elettrica. Abbiamo realizzato un piano di assistenza per gli anziani e abbiamo creato un dispensario per i farmaci con un minimo di assistenza medica. Stiamo costruendo dei nuovi gabinetti per le scuole. Abbiamo parzialmente risanato le strade interne e resa agibile la strada di accesso. Abbiamo fatto due vasche per i rifiuti e un canale coperto per le acque di scarico. Grazie ai soldi mandatici dagli amici italiani stiamo conducendo una periodica disinfestazione, con larvicida, per prevenire la febbre Dengue.
Ogni anno, agli inizi di ottobre, facciamo la nostra Festa dei Bimbi, durante la quale diamo da mangiare a tutti e distribuiamo penne e quaderni, scarpe e divise scolastiche per tutti bambini del villaggio. A molti, che abitano più lontano, siamo anche riusciti a comprare delle biciclette e, cosa più importante, abbiamo creato una specie di “banca del riso” con cui si distribuiscono sacchi di riso e altri generi alimentari agli anziani e ad alcune famiglie, con bambini, veramente bisognose.
La solidarietà è un dovere e non si può arrestare alla elargizione di denaro o la prestazione d’opera e io, che ho una casa piuttosto grande, come è costume fra i Cambogiani ho più volte ospitato delle famiglie in stato di bisogno. Ancora oggi ho tre adulti e quattro bambini come “ospiti” fissi e non so quanti sono quelli che ogni giorno si fermano a mangiare.
Abbiamo fatto tanti lavori, ma il loro costo è stato solo quello dei materiali acquistati o delle attrezzature noleggiate. Non abbiamo dovuto pagare sedi con aria condizionata, auto fuoristrada, salari e rimborsi spese a consulenti ed esperti di ogni genere delle varie ONG, ma le cose vanno avanti, anche se ogni giorno sorgono nuove emergenze.
La febbre Dengue ha fatto registrare una recrudescenza e si impone l'urgenza dell'acquisto di grossi quantitativi di larvicida.
Le richieste di aiuto per l'acquisto di farmaci o per fare degli accertamenti diagnostici sono continue, pressanti e tutte ampiamente giustificate, soprattutto quelle pediatriche.
Con la riapertura della scuola, dovremo acquistare scarpe, divise, quaderni e penne per i bambini. Il prezzo del riso continua a crescere e molte famiglie, senza un aiuto, corrono il rischio di dovere ancora ridurre la loro magra alimentazione. Il bisogno cresce, ma ......con l'aiuto di tutti, siamo sempre riusciti a farcela.
Se a qualcuno venisse voglia di saperne di più e darci una mano può scrivermi a claudiobussolino@gmail.com.
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