Risalendo ai tempi più antichi

 
L'inizio della storia di Angkor prende le mosse lontano dalla terra di Cambogia: si deve andare nel centro del Mediterraneo, nel cuore della Roma imperiale.
Ai tempi dell'imperatore Vespasiano, lo storico e naturalista Plinio il Vecchio nella "Historia naturalis", parlando dei commerci dell'Impero con i paesi dell' Oriente, scriveva: " L'argomento è importante, dal momento che in nessun anno l'India assorbe meno di 55 milioni di sesterzi della ricchezza del nostro impero, rimandandoci delle mercanzie che vengono vendute a un prezzo cento volte maggiore del loro costo originario". Rincarava poi la dose: "...sale alla cifra minima di 100 milioni di sesterzi, quanto ogni anno l'India [e] la regione settentrionale della Cina che produce la seta (...) sottraggono al nostro  impero ".
Plinio puntava il dito su un traffico commerciale che aveva avuto inizio in era augustea e che avrebbe poi continuato a prosperare almeno sino agli inizi del V secolo.
Roma era il più grande e ricco mercato del mondo. Qui giungevano da ogni punto cardinale le mercanzie più pregiate. Dall'Egitto e dal Golfo persico partivano i mercanti arabi che sfruttando il costante periodico flusso dei venti alisei approdavano sulle coste occidentali dell'India dove recavano l'oro romano per acquistare sete e spezie provenienti da terre ancora più lontane.
Dalle coste indiane orientali salpavano altre navi che si dirigevano a Est per raggiungere la Cina e le isole della Sonda. Solcavano il Golfo del Bengala e il Mar delle Andamane, poi approdavano in prossimità della strozzatura dell'istmo di Kra dove trasbordavano le loro mercanzie su navi che riprendevano il mare sul Golfo del Siam.
Il viaggio verso l'estremo Oriente era però ancora lungo e a quei tempi i marinai dovevano trovare degli approdi dove rifornirsi di acqua e di cibo. La loro rotta puntava verso le coste Nord-orientali del golfo e qui facevano scalo.
Quelle terre erano abitate da popolazioni austroasiatiche. Il loro sviluppo tecnico era ancora fermo alla cultura del neolitico e del bronzo dongsoniano. La loro agricoltura era primitiva. Abitavano in case di bambù con il tetto di foglie di palma e elevate su palafitte che li ponevano al riparo dalle periodiche inondazioni della zona deltizia. Appariva come una terra inospitale, ma le navi indiane dovevano comunque qui fare sosta perché si era esaurita la spinta dei venti che spiravano dall'Oceano Indiano e il vento invernale che scendeva da Nord-Est rendeva impossibile la navigazione a Est.
La sosta non poteva durare meno di sei mesi e i mercanti costruirono dei borghi in cui abitare mentre acquistavano le spezie raccolte sui vicini monti del Cardamomo e preparavano i rifornimenti per il resto della navigazione.
E' facile immaginare che alcuni di loro abbiano preferito non imbarcarsi più e abbiano scelto di stabilirsi su queste coste e aprire degli empori dove si rifornivano le sempre più numerose navi in transito. I temporanei approdi delle genti provenienti dall'India si trasformarono quindi in stabili insediamenti. Quando ciò sia accaduto non è possibile determinarlo con esattezza, ma i reperti archeologici fanno presumere che avvenne agli inizi dell'Era cristiana.
Gli scavi compiuti nel sito do Oc Eo, oggi Viet Nam ma antico territorio cambogiano, hanno infatti portato alla luce oggetti di fattura sassanide e inoltre una moneta in oro dell'imperatore Antonino il Pio del 152 d.C. e un medaglione di Marc'Aurelio del 160, dando quindi conferma a quanto aveva scritto Plinio il Vecchio sul traffico commerciale che intercorreva tra l'Occidente romano e l'Est asiatico e che ora sappiamo che aveva un punto di snodo nelle acque del Golfo del Siam, sulle coste meridionali della terra di Cambogia.
 
Il Fu-nan
I traffici commerciali tra Oriente e Occidente prosperarono per tutti i primi quattro secoli della nostra Era e l'importanza degli scali della costa settentrionale del Golfo del Siam non cessò di crescere e con essa cresceva il benessere della popolazione.
Qui, come ovunque, monili e oggetti in oro erano da tutti apprezzati ed è probabile che gli Indiani mettessero in circolazione l'oro delle monete romane che avevano ricevuto dai mercanti arabi.
Nel 1942 l'archeologo L. Malleret scavò in questa zona, nel sito di Oc Eo, e tra le altre cose portò alla luce anche una moneta in oro di Antonino il Pio e una medaglia di Marc'Aurelio.
Con il fiorire dei traffici sorse la necessità di allargare e rendere più profondi i vecchi canali di drenaggio in modo tale da renderli navigabili dalle navi mercantili che risalendoli potevano raggiungere il corso del Mekong per riprendere la loro rotta sul Mar della Cina meridionale evitando la circumnavigazione della punta di Ca Mau.
Lungo i canali nacquero grandi città intersecate da una rete di vie d'acqua che erano percorse da barche che trasportavano merci provenienti da tutti i paesi dell'Oriente e dell'Occidente. Molti erano i mercanti cinesi che affollavano questi mercati colmi di sete, broccati, ori, argenti e spezie. Proprio a due di questi mercanti si deve la prima descrizione di queste terre che fu poi trascritta sugli annali cinesi della Storia dei Leang, dove per la prima volta compare anche il nome con cui noi conosciamo questo paese.
Gli indigeni lo chiamavano Bnam cioè "montagna" perché il loro re portava il titolo di "Re della montagna". Nella traduzione cinese il termine diventò B'iu-nane fu poi scritto Fu-nan.
Questo "Re della montagna", sempre secondo le fonti cinesi, era discendente di un brahamano indiano di nome Kaundinya che aveva sposato la regina di quelle terre che portava il nome di Lieu-ye, cioè "Foglia di cocco".
I vecchi annali cinesi raccontano poi che nel 357 salí sul trono del Fu-nan un principe, anche lui venuto dall'India, che prese il nome di Chan-t'an e si riconobbe tributario dell'Imperatore di Cina inviando in omaggio degli elefanti addomesticati. Da quel momento le descrizioni del Fu-nan diventano sempre più precise.
La capitale si chiamava Vyadhapura, sorgeva ai piedi di una collina chiamata Ba Phnom e distava 200 chilometri dal mare, da quel sito di Oc Eo dove quattordici secoli più tardi furono ritrovate le monete romane.
Veniva praticato il culto di Mahesvara, cioè di Shiva ma anche il buddhismo era diffuso e praticato, tanto che due monaci funanesi furono invitati in Cina per portare i sacri testi del Tripitaka.
I Cinesi parlano con stupore della ricchezza di questo regno. Gli empori erano colmi delle merci più preziose. Le case in legno erano elevate su palafitte. Costruivano imbarcazioni lunghe oltre trenta metri che potevano affrontare ogni navigazione in mare aperto. Fondevano raffinate statue in bronzo di "divinità a due o quattro volti e con anche otto braccia", cioè di Shiva, Vishnu e Brahma. Il palazzo reale era costruito con pregiati legni aromatici e si alzava su più piani. Il sovrano si spostava sul dorso di un elefante e teneva udienza assiso su una stuoia su cui era stesa una pelle di tigre, era circondato da notabili e servitori e tutto intorno vasi e bruciaprofumi d'oro diffondevano gli effluvi di rare essenze.
La ricchezza cresceva con il prosperare dei traffici commerciali e toccò l'apice alla fine del V secolo quando salì al trono un re chiamato dai Cinesi Cho-ye-pa-mo che corrisponde allo khmer Jayavarman, cioè "il Protetto dalla Vittoria". Regnò fino al 514 e morì nel momento in cui il Fu-nan vedeva crollare la sua economia mercantile.
In Occidente era caduto l'Impero romano, l'India era devastata dalle invasioni degli Unni, la Cina viveva il lungo periodo di guerre e distruzioni dei "Cinque barbari" e delle "Sedici dinastie". Il commercio mondiale ne venne sconvolto.
Non ci furono più navi di mercanti che facevano scalo nei porti del Fu-nan che dovette quindi rinunciare alla sua dimensione mercantile per trovare una nuova base economica nell'agricoltura e quindi verso l'entroterra del paese. Le città furono abbandonate e la capitale venne spostata verso Nord-Ovest, ai piedi della collina di Phnom Da, e venne chiamata Angkor Borei.
Sul trono salì un figlio illegittimo del vecchio sovrano che prese il nome di Rudravarman e si dimostrò un sovrano energico che seppe guidare il paese in quella difficile transizione economica e sociale ridando sicurezza al regno.
 
Il Cenla
Intorno al IV secolo un forte clan di khsatriya, guerrieri che portavano il nome di Kambuja, giunse da Occidente e impose la sua egemonia sulle terre del medio corso del Mekong abitate da popolazioni austroasiatiche.
Erano contadini ma spesso si ricordavano di essere dei guerrieri per condurre guerre di razzia con le quali arricchivano la loro povera economia agricola.
Sui monti del Dangrek l'acqua era preziosa ed era necessario raccoglierla e conservarla durante la stagione delle piogge. Intorno alle loro città e ai templi scavarono dei vasti e profondi fossati che erano opere difensive ma anche delle preziose riserve idriche.
Per realizzare tali opere e mantenerle poi in costante efficienza si era necessaria una solida organizzazione statale che già nel V secolo si consolidò sotto il regno di Srutavarman, che rivendicava la sua discendenza dagli antichi Kambuja e che è il primo nome a noi noto dei re del Cenla.
Il regno occupava la parte settentrionale dell'attuale Cambogia ed era tributario del Fu-nan. Non esiste prova che abbiano condotto una guerra di conquista del Fu-nan per imporre la loro egemonia, ma al progressivo e costante indebolimento del vecchio regno meridionale corrispondeva una progressiva crescita della forza dei guerrieri del Nord.
Vi fu quindi una pacifica transizione da un regime di potere a un altro, sancita nella seconda metà del VI secolo da un matrimonio "di Stato". Il principe funanese Bhavavarman sposò una principessa del Cenla che portava il beneaugurante nome di Kambujarajalakshmi, vale a dire "la Fortuna dei re dei Kambuja". Alla sua morte nel 598 salì al trono il fratello Mahendravarman che ne completò l'opera lasciando in ereditá al figlio Isanavarman un potente e ricco regno unitario.
Costui, divenuto re nel 616, fondò una nuova capitale chiamata Isanapura che era posta al centro geografico e politico del regno perché si specchiava sul corso dello stung Sen e quindi era collegata via acqua al Tonle Sap, al Grande lago, al Mekong e a tutto il paese.
Il Cenla crebbe in prosperità e l’apogeo venne raggiunto alla fine del VII secolo quando salì al trono il re Jayavarman I sotto il cui regno la capitale giunse a essere abitata da oltre ventimila famiglie mentre nel resto del regno si contava oltre una trentina di altre città. Questo splendore scomparve con la morte di Jayavarman I che non lasciò eredi maschi. Lotte per il potere lacerarono il regno e tutta la vita sociale e economica del paese fu sconvolta.
Si scatenò la guerra civile tra i vari clan e si frantumó l'unitá del regno. Nel 706 alcune fonti cinesi parlano dell'esistenza di due regni e il geografo Ma Tuan-lin così descrisse la situazione del paese: La metà settentrionale, piena di montagne e di valli fu chiamata Cen-la di Terra. La parte meridionale, bagnata dal mare e coperta di laghi, fu chiamata Cen-la di Acqua". Non esiste però alcuna iscrizione che faccia menzione di questi due stati, non c'è traccia di due capitali né è stato tramandato il nome di qualche re.
Le spinte centrifughe ebbero il sopravvento e il regno si frantumò in principati e signorie in guerra fra loro. Persa l'unità, il Cenla perse anche la sua indipendenza.
Il dominio dei mari era caduto in mano ai Sailendra, i signori di Giava. Erano ferventi buddhisti, tanto che eressero il grandioso tempio-montagna del Borobodur consacrato al culto del Mahayana, ma avevano anche assunto il titolo di "Re della montagna" e affermavano il loro diritto a essere i soli signori universali. Tale diritto lo esercitarono con una potente flotta che nella seconda metà del VIII secolo sbarcò sulle coste di Cambogia un esercito che sottomise tutti gli staterelli khmer. I Giavanesi si ritirarono carichi di bottino e con gli ostaggi che avevano preteso dalle famiglie più influenti del paese.
Fra gli ostaggi c'era un giovane principe che apparteneva alla potente famiglia di Puskaraksha e che passò i primi anni della sua giovinezza a Giava. Tornò poi in patria, divenne capo della sua gente, unificò il paese e fu il capostipite della dinastia di sovrani che fondarono Angkor. Regnò con il nome di Jayavarman II.