Agli inizi del VIII secolo, nel sud-est di Sumatra, era sorta la potenza del regno di Srivijaya che estendeva il proprio dominio anche su parte della penisola malese.
A Giava, la dinastia dei Sailendra, che aveva fatto nascere a nuova vita il titolo di "Re della Montagna" già portato dai sovrani del Fu-nan, affermava il proprio diritto a esercitare il dominio universale e non si trattava di una affermazione priva di fondamento perché in quel tempo la flotta giavanese dominava incontrastata tutto il mare compreso fra le isole, la penisola malese, il Golfo del Siam, le coste cambogiane e la parte meridionale del Mar della Cina fino al regno del Champa.
Fu proprio in questa area che i Sailendra portarono i loro primi attacchi alle coste continentali: tra il 767 ed il 787 sbarcarono sulle coste de Champa e più volte ne saccheggiarono città e templi, portando ricco bottino e ostaggi e imponendo tributi in una sorta di condizione di vassallaggio. Venne, poi, la volta della Cambogia.
A questo riguardo è rimasta una testimonianza sospesa forse fra la realtà dell'evento storico e la leggenda. Nel 916 Abu Zayd scrisse di un racconto fattogli da un mercante di nome Sulayaman. "Un giovane e impetuoso re khmer si intratteneva un giorno con un suo ministro parlando del Maharaja, il grande imperatore dei mari del sud." Io avrei un grande desiderio – disse il re – vorrei avere davanti a me, su un piatto, la testa del Maharaja". E, malgrado gli inviti alla cautela del suo ministro, egli ripetè questo suo proposito che passò di bocca in bocca e giunse infine alle orecchie del Maharaja. Questi decise che quel giovane "folle" meritava una lezione, e, con il pretesto di fare un viaggio di piacere nelle isole del suo regno, armò una flotta e fece rotta verso la Cambogia. Non incontrò alcuna difficoltà a risalire il fiume fino alla capitale, conquistare il palazzo e prendere prigioniero il re. "Tu hai – gli disse – espresso il desiderio di vedere davanti a te la mia testa su un piatto. Se tu avessi voluto anche impadronirti del mio regno altrettanto ora io farei del tuo. Ma tu non hai espresso che il primo dei due desideri ed io, allora, ti applico il trattamento che tu desideravi farmi subire, dopodiche io me ne ritornerò nel mio Paese, senza molestare il tuo". Fece quindi tagliare la testa al re e diede incarico al ministro di proclamare un nuovo sovrano. Il Maharaja tornò allora nel suo Paese senza compiere alcun saccheggio, né portando bottino. Quando fu di ritorno nel suo regno, si sedette sul trono, che dominava dall' lto un lago, e fece mettere davanti a se il piatto su cui era posta la testa del re khmer, poi, convocati gli alti dignitari di corte li mise al corrente di ciò che era avvenuto. Fece quindi lavare e imbalsamare la testa e la fece mettere in un vaso che inviò al re che era succeduto al sovrano decapitato, con una lettera che spiegava che si era trattato di una punizione "personale" e che egli non traeva gloria alcuna dalla sua vittoria. Quando la notizia di questi avvenimenti giunse alle orecchie dei re dell'India e di Cina la considerazione del Maharaja crebbe enormemente nel loro animo. Da questo momento i re del Paese khmer, tutte le mattine, alzandosi volgeranno il volto nella direzione del Paese del Maharaja e si umilieranno, rendendogli omaggio".
Nella realtà storica si può desumere che si sia trattato di una spedizione vittoriosa dei Giavanesi che – come confermano i testi epigrafici - imposero poi ai sovrani khmer uno stato di vassallaggio, esercitando una sovranità indiretta sul Paese khmer da cui pretesero tributi e ostaggi. Giava divenne quindi il luogo in cui crebbe e si formò buona parte della più nobile gioventù khmer.
Uno di questi giovani era quello che divenne poi re e fu capostipite della dinastia angkoriana con il nome di Jayavarman II.
Fatto pressoché unico nella storia khmer, Jayavarman II non lasciò alcuna iscrizione epigrafica, ma tutti gli avvenimenti più importanti del suo regno sono riportati nella stele di Sdok Kak Thom del XI secolo, conservata nel Museo di Bangkok. La stele racconta che il sovrano venne da Giava per regnare nella città di Indrapura.
Il suo ritorno avvenne nell'anno 798, quando il Paese era in preda alla più totale anarchia, privo di una guida, lacerato da lotte fra principati e clan rivali. Jayavarman II discendeva da una famiglia della più alta nobiltà khmer. Preso possesso del trono in Indrapura – a est della attuale Kompong Cham – chiamò presso di se come "cappellano" di corte, un sapiente brahamano, di nome Sivakaivalya, che seguì poi il sovrano per tutta la sua vita e divenne il primo officiante del culto del deva-raja.
Da Indrapura, Jayavarman II si spostò a nord del Grande Lago e qui – come dice la stele – "quando furono giunti nel distretto orientale, il re concesse alla famiglia del suo cappellano una terra e un villaggio, chiamato Kuti". G.Coedes sostiene che il nome di Kuti sopravvive in quello di Banteay Kdei, monumento molto tardivo (risale infatti al periodo dello stile del Bayon, XII/XIII secolo) che si leva, però, in prossimità di un sito molto più antico. Nel 1930, H.Marchal ha scoperto un gruppo di 3 torri-santuario che si potrebbero identificare come un monumento sacro della Kuti o Kutishavara degli inizi del IX secolo. Nel suo stato attuale il monumento non pare anteriore al X secolo, ma una parte della torre centrale presenta caratteristiche che la fanno ritenere quasi certamente più antica.
La stele del Museo di Bangkok racconta inoltre che "in seguito il sovrano regnò nella cittá di Hariharalaya. Anche il brahamano si stabilì in questa città e i membri della sua famiglia vennero accolti nel corpo dei paggi di corte".
Hariharalaya, come Indrapura, erano quindi siti preesistenti, città più antiche, la stele infatti dice "regnò in...", non "fondò....". Prosegue dicendo"successivamente il re andò a fondare la città di Amarendrapura e anche il brahamano vi si recò per servire il re". Questo sito potrebbe essere collocato sui limiti della diga ovest del Baray occidentale e ne resterebbe traccia nel Prasat Ak Yom, scoperto da G. Trouvé nel 1932. In seguito, lasciata Amarendrapura, il sovrano si installò sul Phnom Kulen. "Poi, Sua Maestà andò a regnare in Mahendraparvata. Il cappellano, anche lui, vi ci si recò per continuare a servire il re, come precedentemente. Allora un saggio brahamano, esperto nelle scienze magiche, venne da Janapada perché il re lo aveva invitato per celebrare un rito tramite il quale la Cambogia non fosse più dipendente da Giava e che non ci fosse nel regno che un solo re che ne fosse l'unico sovrano. Il brahamano recitò i testi dall' inizio alla fine per insegnarli al cappellano e gli prescrisse di celebrare il rituale del deva-raja". Questo avvenne nell'anno 802, secondo quanto attestano le fonti epigrafiche.
L'essenza della regalità, l'Io impalpabile del sovrano, è posta nel linga, simbolo della potenza creatrice di Shiva, collocato su un tempio-montagna posto al centro della città reale e che diviene l'asse centrale dell'universo. Il linga, sorta di palladio del regno, viene concesso da Shiva al re fondatore della dinastia, per l'intermediario di un brahamano che, ricevutolo dal dio, lo rimette al sovrano.
Questa comunione tra il re e la divinità, mediata da un sacerdote, si compie sulla montagna sacra, naturale o artificiale che essa sia, ma sempre simbolo del monte Meru, dimora degli dei e centro dell'universo. Già le antiche dinastie indiane elevavano la loro montagna sacra così come i re del Funan e a Giava i Sailendra che a tale scopo fecero edificare il Borobodur.
Jayavarman II non fece celebrare questo rito subito, agli inizi del suo regno, ma proclamò l'indipendenza da Giava solo dopo aver risieduto in tre diverse capitali. Ebbe infatti la necessità prioritaria di conquistare e consolidare il suo regno, riunendone i diversi tronconi e stabilendo la pace, prima di poter consacrare il linga, fonte del potere regale.
Ogni cambiamento di capitale doveva essere segnato da una campagna militare, tutte a noi ignote, ma una iscrizione del XI secolo dice che "incaricò i suoi pricipali ufficiali di pacificare tutti i distretti". La stele di Bangkok continua dicendo che"in seguito il re tornò a regnare nella città di Hariharalaya e anche il simbolo del deva-raja vi venne condotto; il cappellano e tutta la sua famiglia officiavano come precedentemente. Il cappellano morì sotto questo regno. Il re morì nella città di Hariharalaya, dove risiedeva il deva-raja, che continuò a risiedere in tutte le capitali ove lo condussero i sovrani, come protettore del potere regale dei re successivi".
Jayavarman II morì, dopo 48 anni di regno, nel 850. Cinquanta anni dopo la sua morte, una strofa incisa in sanscrito dice di lui che "è assiso sopra i leoni che ornano il suo trono, ha imposto il suo volere sui re, ha posto la sua residenza sul monte Mahendra, e tuttavia non c'è in lui alcuna superbia ".