Memorie sui costumi di Cambogia

 
Fu solo nel 1902 che il Cen la fong t'ou ki venne tradotto in francese da Paul Pelliot e fu pubblicato sul Bolletino della Scuola Francese di Estremo-Oriente. Per anni ancora Pelliot lavorò su note e commenti e nel 1951 venne edito un nuovo testo con una prefazione di G.Coedes e P.Demiéville ai quali si devono le precisazioni che compaiono nel testo fra parentesi tonde. Le note in parentesi quadre sono ulteriori esplicazioni di questo incolto scriba che ha tradotto in italiano il testo di P.Pelliot. Prima di iniziare la lettura può essere utile qualche precisazione tenendo conto del fatto che il testo di Ceu Ta-kuan risale alla fine del XIII secolo e fu redatto in cinese, la traduzione di Pelliot è degli inizi del secolo scorso ed è nel francese dell'epoca. Possono quindi sorgere alcuni problemi di comprensione del testo. Qualche considerazione si impone inoltre sullo sile. Pelliot ha scrupolosamente conservato la forma di Ceu Ta-kuan, un periodare spezzettato in frasi brevissime, e ha rigorosamente ripetuto una punteggiatura che a noi pare abusare di virgole e punti e virgola. Sembra un artefizio letterario che comunque molto giova alla incisività del testo. Basta leggere l'esordio della "Introduzione": "Il Cen-la è chiamato anche Cian-la. Il nome indigeno è Kan-po-ce. La dinastia attuale...". Essenziale quasi come il "Gallia est omnis divisa in partes tres,.." del "De Bello Gallico" di Cesare. Il linguaggio talora può apparire poco chiaro per il largo uso che viene fatto di termini che anche nella traduzione italiana appaiono piuttosto disueti o arcaici. Un briciolo di ulteriore confusione viene dalle unità di misura che Pelliot ha usato e che sono in larga parte tratte dall'antico francese. E' quindi bene riassumerle. Il pollice misura 0,027 metri e 12 pollici formano un piede di re di 0,3248 metri, la tesa misura 1,949 metri. Lo stadio non ha invece altro riferimento che l'antica misura di lunghezza greca che equivaleva a 180 metri. In questo caso, si rileva qualche incongruenza. Ad esempio, nel capitolo 1, "La città fortificata", si dice che "la tomba di Lu Pan [Angkor Vat] è circa uno stadio al di fuori della porta Sud" [di Angkor Thom]. La distanza è ben maggiore. Qualche dubbio sorge anche nel capitolo "Le ragazze", là dove si parla di doni al prete da 10 fino a 100 picul. Il picul era un'unità di misura cinese generalmente in uso per il riso e che corrispondeva a 60,453 chilogrammi: può esserci qualche esagerazione. Al di là di queste piccole cose, le Memorie sono un testo brioso e accattivante, quindi: buona lettura.
 
Cen la fong t'u ki
"Memorie sui costumi di Cambogia"
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Introduzione
Il Cen-la è chiamato anche Cian-la. Il nome indigeno è Kan-po-ce. La dinastia attuale, basandosi su testi religiosi tibetani, chiama il paese Kan-p'u-ce (Kamboja), che è foneticamente simile a Kan-po-ce. Imbarcandosi a Wen-ceu (Cio-kiang), e dirigendosi a Sud-Sud-Ovest, si toccano i porti delle prefetture di Fu-kien, di Kuang-tong e di oltre mare, si raggiunge il mare delle Sette Isole (Ts'i-ceu, Isole Taya), si solca il mare di Annam, e si arriva nel Ciampa (Sin-ceu, Quinhon).Poi dal Ciampa, con vento favorevole, in circa quindici giorni si arriva a Cen-p'u (regione di Cap Saint-Jacques o Baria): è la frontiera di Cambogia. Poi, da Cen-p'u, facendo rotta Sud-Ovest-1/6 Ovest, si raggiunge il mare di K'uen-luen (Pulo-Condor) e si entra nelle bocche del delta. Ci sono diverse decine di bocche, ma si può imboccare solo la quarta, tutte le altre sono ostruite da banchi di sabbia che le grandi navi non possono superare. Ma, da qualsiasi parte si guardi, non si trova altro che lunghi bambù, vecchi alberi, sabbie gialle, canne bianche; al primo colpo d'occhio non è facile raccapezzarsi; gli stessi marinai considerano difficile anche solo trovare la imboccatura. Dalla imboccatura, con corrente favorevole, si raggiunge a nord, in circa una quindicina di giorni, un paese chiamato Ci'a-nan (Kompon) Cihnan, che è una delle province della Cambogia. Poi, a Ci'a-nan, si trasborda su un battello più piccolo e, in poco più di dieci giorni, con la corrente favorevole, passando dal Villaggio della mezza strada e dal Villaggio del Buddha (probabilmente Porsat) e attraversando il Mare di acqua dolce, si può raggiungere un luogo chiamato Kan-p'ang (Kompon = Imbarcadero) distante cinquanta stadi dalla città fortificata. Secondo la Descrizione dei Barbari ( il Ciu-fan ce, pubblicato nel 1225) il regno ha una larghezza di 7000 stadi. Al Nord di questo regno, si arriva nel Ciampa in quindici giorni di cammino; a Sud-Ovest, si è a quindici giorni di marcia dal Siam; a Sud, si è a dieci giorni di marcia da P'an-yu (?); a Est, c'è l'Oceano. Questo paese è da lungo tempo in relazioni commerciali con noi. Quando la dinastia santa (la dinastia mongola) ricevette l'augusto mandato del Cielo ed estese il suo potere su tutti i quattro mari e il generalissimo Sotu [Sogatu] ebbe creato (nel 1281) l'amministrazione del Ciampa, inviò, perché venissero insieme in questo paese, un centurione con insegne della tigre e un chiliarca [comandante di mille uomini] con la tavoletta d'oro, ma entrambi furono trattenuti e non ritornarono più. Alla sesta luna dell' anno yi-wei del periodo yuan-ceng (14 luglio – 11 agosto 1295), il santo Figlio del Cielo inviò un ambasciatore per richiamare (il popolo di questo paese) all'ordine, e mi incaricò di accompagnarlo. La seconda luna dell'anno seguente ping-cen (5 marzo – 3 aprile 1296), noi lasciammo Ming-ceu (Ning-po), e il venti (24 marzo) prendemmo il mare nel Oceano, a Wen-ceu. Il giorno quindici della terza luna (18 aprile), arrivammo nel Ciampa. In seguito, a metà strada, fummo ostacolati dai venti contrari, e non arrivammo alla meta che in autunno, alla settima luna (1 – 29 agosto 1296). Ricevemmo l'omaggio e tornammo alla nostra nave nella sesta luna dell' anno ting-yeu del periodo ta-to (21 giugno – 20 luglio 1297). Il giorno dodici della ottava luna (30 agosto 1927), attraccammo a Seu-ming (Ning-po). Senza dubbio non abbiamo potuto conoscere in tutti i loro dettagli i costumi e le cose di questo paese; tuttavia abbiamo avuto la possibilità di coglierne i tratti principali.
 
 
1. La città fortificata
La cinta muraria della città ha circa venti stadi di perimetro. Ha cinque porte, e ogni porta è doppia. Sul lato Est si aprono due porte; gli altri lati hanno una porta sola.
All'esterno delle mura c'è un grande fossato; all'esterno del fossato, i grandi ponti delle carreggiate di accesso. Da ciascun lato dei ponti, ci sono cinquantaquattro divinità in pietra, che sembrano dei "generali in pietra", sono giganteschi e terribili. Le cinque porte sono identiche. I parapetti dei ponti sono interamente in pietra, tagliata a forma di serpente a nove teste. Le cinquantaquattro divinità tengono il serpente tra le mani, e hanno l'aria di volergli impedire di fuggire. Al di sopra di ogni porta delle mura, ci sono cinque grandi teste in pietra di Buddha, i cui volti sono indirizzati verso i quattro punti cardinali; al centro è collocata una delle cinque teste che è ornata con dell'oro. Dai due lati delle porte, la pietra è stata scolpita a forma di elefante. La muraglia è interamente fatta con blocchi di pietra sovrapposti; è alta all'incirca due tese [antica misura equivalente a 1,949 mt.]. Le pietre hanno un assemblaggio molto serrato e solido, così che non vi spuntano erbacce selvatiche. Non c'è alcuna merlatura. Sul bastione, sono stati piantati in alcuni punti degli alberi kuang-lang (alberi di sago). A intervalli regolari ci sono dei casotti vuoti. La parte interiore della muraglia è come uno spalto largo piú di dieci tese. Alte come ogni spalto, ci sono delle grandi porte, chiuse alla notte, aperte al mattino. Ci sono anche dei guardiani delle porte. L'ingresso in queste porte è proibito solo ai cani. La cinta muraria è un quadrilatero regolare, e su ogni lato c'è una torre in pietra. L'ingresso dalle porte è proibito anche ai criminali cui sono stati tagliate le dita dei piedi. Al centro del regno [della cittá], c'è una Torre d'oro (il Bayon), circondata da più di venti torri in pietra e da diverse centinaia di locali in pietra. Sul lato Est c'è un ponte d'oro; due leoni d'oro sono collocati alla sinistra e alla destra del ponte; otto [statue di] Buddha in oro sono disposte alla base delle costruzioni in pietra. A circa uno stadio a Nord della Torre d'oro, c'è una Torre di bronzo (il Baphuon) ancora più alta della Torre d'oro e la cui vista è veramente impressionante; ai piedi della Torre di bronzo, ci sono anche più di dieci costruzioni in pietra. Uno stadio ancora più a Nord, c'è l'abitazione del sovrano. Nei suoi appartamenti di riposo [il palazzo Reale], c'è un'altra Torre d'oro [Pimeanakas]. Sono questi, noi pensiamo, quei monumenti che hanno creato quella fama di ricca e nobile Cambogia che i mercanti d'oltremare non si stancano di ripetere.
La torre di pietra è un mezzo stadio al di fuori della porta Sud; si racconta che Lu Pan (antico, leggendario artigiano cinese) l'abbia eretta in una notte. La tomba di Lu Pan (Angkor Vat) è a circa uno stadio al di fuori della porta Sud e ha circa dieci stadi di perimetro; vi sono diverse centinaia di costruzioni in pietra.
Il Lago orientale è a circa dieci stadi a Est (probabile errore per: "Il Lago occidentale.......a Ovest"; la statua di cui si parla è infatti stata ritrovata nel Mebon occidentale) della città fortificata, e a circa cento stadi dalla torre. Al centro, c'è una torre in pietra e delle costruzioni in pietra (il Mebon occidentale). Nella torre c'è un Buddha (in realtà si tratta di Vishnu) sdraiato in bronzo, dal cui ombellico scorre continuamente dell'acqua.
Il lago settentrionale è a cinque stadi a Nord della città fortificata. Al centro c'è una torre d'oro quadrata (Neak Pean) e diverse dozzine di costruzioni in pietra. Per quel che concerne leoni d'oro, Buddha in oro, elefanti di bronzo, buoi di bronzo, cavalli di bronzo, tutto ciò lì si trova.
 
 
2. Le abitazioni
Il palazzo reale così come gli edifici ufficiali e le case dei nobili, sono tutti rivolti a Est. Il palazzo reale è a Nord della Torre d'oro e del Ponte d'oro; vicino alla porta (?), ha circa cinque o sei stadi di perimetro.Tutte le tegole dell'appartamento principale sono in piombo; sulle altre costruzioni del palazzo, sono tutte tegole d'argilla, e gialle. Architravi e colonne sono enormi; su tutti, vi sono dei Buddha scolpiti e dipinti. I tetti sono imponenti. Le lunghe verande, i corridoi coperti si slanciano e si connettono, non senza qualche armonia. Là dove il sovrano regola i suoi affari, c'è una finestra d'oro; a destra e sinistra del telaio, su dei pilastri quadrati, vi sono degli specchi; ce ne sono circa da quaranta a cinquanta, disposti ai lati della finestra. La base della finestra è a forma di elefante.
Ho sentito dire che nell'interno del palazzo ci sono molti luoghi che sono stupendi; ma i divieti sono molto severi, e mi è stato impossibile vederli.
Per quel che riguarda la Torre d'oro che è all'interno del palazzo, il sovrano va a dormire tutte le notti alla sua sommità. Tutti gli indigeni asseriscono che nella torre c'è un genio che ha forma di serpente a nove teste, signore del suolo di tutto il regno. Questo genio appare tutte le notti sotto le forme di una donna. E' con lei che il sovrano si corica e si unisce. Anche le mogli del re non oserebbero entrare. Il re esce alla seconda veglia, e solo allora può dormire con le sue spose e con le sue concubine. Se una notte il genio non appare, ciò significa che è venuto il momento della morte del re barbaro. Se il re barbaro non vi si reca una notte, capita sicuramente una disgrazia.
Le abitazioni dei principi e dei grandi notabili hanno una disposizione e dimensioni molto differenti delle case del popolo. Tutte le abitazioni periferiche sono coperte con foglie (di palma); solamente il tempio di famiglia e le abitazioni principali possono avere un tetto con delle tegole. Il rango ufficiale di ciascuno determina le dimensioni delle abitazioni.
Il popolo comune non copre [i tetti] che con foglie, e non oserebbe mai mettere sulla sua casa il più piccolo pezzo di tegola. Le dimensioni dipendono dalla fortuna di ciascuno, ma mai il popolo oserebbe imitare la disposizione delle case dei nobili.
 
 
3. I vestiti
Tutti, a cominciare dal sovrano, uomini e donne acconciano i capelli a chignon e hanno le spalle nude. Cingono semplicemente le reni con un pezzo di stoffa. Quando escono, aggiungono una banda più grande di stoffa che indossano sopra la piccola. Per quel che riguarda le stoffe, ci sono numerose regole secondo il rango di ciascuno. Tra le stoffe che porta il sovrano, ce ne sono alcune che valgono tre o quattro once di oro; sono di una ricchezza e di una finezza estreme. Dato che nel paese stesso non si tessono le stoffe, queste vengono dal Siam e dal Ciampa, ma le più valutate sono in generale quelle che vengono dalla India, per la loro fattura di qualità e finezza.
Solo il principe può vestire le stoffe interamente arabescate. Porta un diadema d'oro, simile a quelli che hanno in capo i vajradhara. Talora non porta il diadema e arrotola nel suo chignon una ghirlanda di fiori profumati che ricordano il gelsomino. Al collo, porta circa tre libbre di grosse perle. Ai polsi, alle caviglie e alle dita, ha dei braccialetti e degli anelli d'oro tutti incastonati di "occhi-di-gatto". Cammina a piedi nudi. La pianta dei piedi e il palmo delle mani sono dipinti in rosso con una tintura. Quando esce, impugna una spada d'oro.
Nel popolo, solo le donne possono tingersi la pianta dei piedi ed il palmo delle mani; gli uomini non oserebbero mai. I grandi dignitari e i principi possono indossare della stoffa a arabeschi distanziati.
I semplici mandarini possono solo portare della stoffa a due gruppi di arabeschi. Fra il popolo solo le donne ne sono autorizzate. Ma anche se un Cinese da poco giunto indossa una stoffa a due gruppi di arabeschi, non ci si osa a considerarlo un crimine perché lui è ngan-ting pa-cia, cioè: "uno che non conosce le regole".
 
4. I funzionari
Anche in questo paese ci sono dei ministri, generali, astronomi e altri funzionari, e al di sotto di loro, ogni genere di piccoli impiegati; solo i nomi differiscono dai nostri. Nella maggior parte dei casi si scelgono dei principi per questi incarichi; altrimenti, i prescelti offrono le loro figlie come concubine reali. Quando i funzionari escono gli emblemi e il loro seguito sono stabiliti secondo il loro rango. I più alti dignitari sono trasportati su una portantina con le stanghe in oro e hanno quattro parasole con il manico in oro; quelli di grado inferiore, hanno una portantina con le stanghe in oro e due parasole con il manico in oro; più in basso, hanno solamente un parasole con il manico in oro; al di sotto si ha semplicemente un parasole con il manico d' argento; ce ne sono anche alcuni che hanno solo portantine con le stanghe in argento. I funzionari con diritto al parasole d'oro sono chiamati pa-ting oppure ngan-ting ; quelli che hanno il parasole in argento sono chiamati sseu-la-ti . Tutti i parasole sono fatti di taffetà rosso di Cina, e la loro gonna [balza] giunge fino a terra. I parasole oliati [ombrelli ?] sono tutti fatti di taffetà verde, e la loro gonna è corta.
 
5. Le tre religioni
I letterati sono chiamati pan-k'i; i bonzi sono chiamati ci'u-ku; i taoisti sono chiamati pa-sseu-wei.
Per quel che riguarda i pan-k'i (pandita, cioè brahmani), non so a quale modello essi si richiamino, e non hanno nulla che si possa dire una scuola o luogo di insegnamento. E' anche difficile sapere quali libri leggano. Ho solamente visto che si vestono come tutti gli altri uomini, a eccezione di un cordone di filo bianco che si attaccano al collo e che è il simbolo che distingue i letterati. I pan-k'i che entrano in carica raggiungono delle alte funzioni. Il cordone del collo non lo si lascia per tutta la vita.
I ci'u-ku (in siamese ciao ku, "bonzo") si rasano la testa, portano degli abiti gialli, tengono scoperta la spalla destra; per la parte bassa del corpo, si cingono con una gonna di stoffa gialla, e vanno a piedi nudi. I loro templi possono essere coperti con tegole. L'interno non contiene altro che un'immagine, molto somigliante al Buddha Sakyamuni, che essi chiamano Po-lai (Prah). Essa è addobbata di rosso. Modellata in argilla, la si dipinge in diversi colori; non ci sono altre immagini oltre questa. I Buddha delle torri sono tutti differenti; sono tutte fusioni di bronzo. Non ci sono né campane, né tamburi, né cimbali, né stendardi, né baldacchini, etc....Tutti i bonzi mangiano pesce e carne, ma non bevono vino. Nelle loro offerte al Buddha, essi usano anche il pesce e la carne. Fanno un pasto al giorno, che essi prendono nella casa di qualche donatore; nei templi non ci sono cucine.
I libri santi che recitano sono molto numerosi; sono fatti con foglie di palma intrecciate in modo molto ordinato. Su queste foglie, i bonzi tracciano dei caratteri neri, ma dato che non usano né pennello, né inchiostro, io non so con che cosa scrivano. Alcuni bonzi hanno anche diritto alle stanghe della portantina e al manico del parasole in oro o in argento; il re li consulta per le questioni importanti. Non ci sono delle monache buddhiste.
I pa-sseu-wei (tapasvi) si vestono come tutti gli altri uomini, salvo che sulla testa portano una stoffa rossa o una stoffa bianca, al modo del ku-ku (kukul) delle dame mongole, ma un po’ più basso. Hanno anche dei monasteri, ma più piccoli dei templi buddhisti; il fatto è che i taoisti non raggiungono la prosperità della religione dei bonzi. Non rendono il culto a nessuna altra immagine se non un blocco di pietra simile alla pietra dell'altare del dio del suolo in Cina. Anche per essi, io non so a quale modello si richiamino. Ci sono delle monache taoiste. I templi taoisti possono essere coperti con tegole. I pa-sseu-wei non dividono il cibo degli altri, né ne mangiano in pubblico. Non bevono neppure il vino.Io non sono stato testimone delle loro recite di libri santi, né di loro atti meritori per altre persone.
I figli dei laici che vogliono andare a scuola si aggregano a dei bonzi che li istruiscono. Divenuti adulti, ritornano alla vita laica. Però non ho potuto esaminare tutto nei dettagli.
 
6. Gli abitanti
Gli abitanti conoscono solo i costumi dei barbari del Sud; fisicamente sono grossolani e laidi, e molto neri. Questo non è il caso solamente di quelli che abitano i luoghi spersi nelle isole del mare, ma anche per quelli dei normali agglomerati è proprio la stessa cosa. Per quel che riguarda le dame del palazzo e le donne delle case nobili, se ce ne sono molte bianche come la giada, è perché esse non vedono mai i raggi del sole. In generale, le donne, come gli uomini, non indossano altro che una stoffa che cinge loro le reni e lasciano scoperto il loro petto bianco come il latte, si acconciano con uno chignon e vanno a piedi nudi; è così anche per le mogli del re. Il sovrano ha cinque mogli, una della abitazione principale, e quattro per i quattro punti cardinali. Per quel che riguarda le concubine e le ragazze del palazzo, io ho sentito parlare di una cifra da tremila a cinquemila, e anche loro sono divise in molte classi; varcano raramente la soglia. Da parte mia, ogni volta che sono entrato nel palazzo per vedere il sovrano, lui usciva sempre con la sua prima moglie e si sedeva nel riquadro della finestra in oro della sala principale. Le dame di palazzo erano tutte in fila ordinata ai lati della veranda al di sotto della finestra, ma spesso cambiavano di posto e si appogiavano (alla finestra) per gettare uno sguardo (su di noi); io ho potuto così vederle molto bene. Quando in una famiglia c'è una bella ragazza, non si manca di mandarla al palazzo.
Al di sotto ci sono le donne che fanno i lavori di servizio nel palazzo; le si chiama c'en-kia-lan (srei ka); e non ce ne sono meno di mille o due mila. Tutte sono sposate e vivono un po' dovunque in mezzo al popolo. Ma sull'alto della fronte si rasano i capelli nel modo in cui i popoli del Nord "aprono il cammino per l' acqua". Colorano di rosso questa parte, come i due lati delle tempie; questo è il segno distintivo delle c'en-kia-lan. Solo queste donne possono entrare nel palazzo; tutte le persone al di fuori di esse non possono. (Le c'en-kai-lan) si vedono passare senza interruzione sulle strade davanti e dietro al palazzo.
Le donne comuni si acconciano con lo chignon, ma non hanno spille da testa né pettini, né alcun ornamento sul capo. Alle braccia hanno braccialetti d'oro, alle dita anelli di oro; anche tutte le c'en-kia-lan e le dame del palazzo li portano. Uomini e donne si ungono sempre con profumi fatti di sandalo, muschio e altre essenze.
Tutte le famiglie praticano il culto del Buddha.
Nel paese ci sono molti/e "mignons" che ogni giorno vanno in gruppo di dieci e più sulla piazza del mercato. Cercano sempre di attirare dei Cinesi, in cambio di ricchi regali. E' orrendo, è indegno.
 
7. Il parto
Subito dopo aver partorito, la donna indigena prepara del riso caldo, lo mischia con del sale e lo applica sulle parti sessuali. Dopo un giorno e una notte lo toglie. Con ciò il parto non ha conseguenze fastidiose, si produce un restringimento che lascia la partoriente come se fosse una ragazzina. Quando l'ho sentito dire per la prima volta, mi sono stupito e non l'ho assolutamente creduto. Ma, nella famiglia dove io abitavo, una ragazza ha messo al mondo un bambino, e così io ho avuto modo di informarmi in modo completo: giá l'indomani, portando il bambino fra le braccia, andava a bagnarsi con lui nel fiume; questo è realmente straordinario.
Tutte le persone che ho incontrato dicono inoltre che le donne indigene sono molto lascive. Uno o due giorni dopo il parto, si uniscono con i loro mariti. Se il marito non risponde ai loro desideri, loro lo lasciano come è accaduto a Mai-c'en. Se il marito si trova a essere chiamato per qualche affare lontano, questo va bene per qualche notte. Ma, passata una dozzina di notti, la donna non manca di dire: "ma io non sono uno spirito; come posso dormire da sola ?" I loro istinti sono molto ardenti e licenziosi; tuttavia ho anche sentito dire che alcune conservano la loro fedeltà. Invecchiano molto presto, senza dubbio a causa dei loro matrimoni e delle gravidanze molto precoci. A soli venti o trenta anni, rassomigliano a Cinesi di quaranta o cinquanta.
 
8. Le ragazze
Quando in una famiglia nasce una figlia, padre e madre non mancano di formulare per lei questo voto: "Possa tu nel futuro diventare moglie di cento e di mille mariti !".
Tra i sette e i nove anni per le figlie di case ricche, e solo a undici anni per quelle molto povere, si incarica un prete buddhista o uno taoista di deflorarle. E' quello che si chiama cen-t'an. Tutti gli anni, le autorità scelgono un giorno del mese che corrisponde alla quarta luna cinese, e lo fanno sapere in tutto il paese. Tutte le famiglie in cui una ragazza deve subire il cen-t'an ne avverte in anticipo le autorità, e le autorità consegnano loro un cero su cui è stato fatto un segno. In quel giorno che è prescritto, quando cade la notte, si accende il cero e, quando ha bruciato fino al segno, il momento del cen-t'an è arrivato. Un mese prima della data fissata, o quindici giorni, o dieci giorni, il padre e la madre scelgono un prete buddhista o taoista, secondo il luogo in cui abitano. Molto spesso, i templi buddhisti e taoisti hanno ciascuno la loro propria clientela. I bonzi eccellenti che seguono la "via superiore" sono tutti prenotati in anticipo dalle famiglie mandarinali e dalle case ricche; quanto ai poveri, essi non hanno neppure il piacere della scelta. Le famiglie mandarinali o ricche fanno al prete dei regali in vino, riso, stoffe, sete, noci di arec, oggetti di argento che arrivano fino a cento picul, e valgono tra due e trecento once di argento cinese. I regali più piccoli vanno da trenta a quaranta, o da dieci a venti picul; questo è secondo la ricchezza delle persone. Le ragazze povere arrivano fino a undici anni prima di compiere la cerimonia, perché è per loro difficile provvedere a tutto ciò. Ci sono anche delle persone che donano denaro per il cen-t'an delle ragazze povere, e ciò si chiama "fare una buona opera". Un bonzo infatti non può avvicinare che una ragazza all'anno, e quando ha accettato di ricevere il denaro, non può impegnarsi nei confronti di un'altra. In quella notte si organizza un grande banchetto, con musica. Allora, parenti e vicini sistemano fuori della porta un alto palco su cui pongono degli uomini e degli animali fatti di argilla, talora più di dieci, talora tre o quattro. I poveri non ne mettono nessuno. Il tutto è secondo delle antiche consuetudini, e non li si toglie che dopo sette giorni.Alla sera, con le portantine, i parasole e la musica, si va a cercare il prete e lo si conduce. Con drappi di seta di colori diversi, si innalzano due padiglioni; nell'uno si va a sedere la giovane ragazza; nell'altro si siede il prete. Non si può cogliere ciò che le loro bocche si dicono; il rumore della musica è assordante, in quella notte non è proibito disturbare il sonno. Ho sentito dire che, giunto il momento, il prete entra nell'appartamento della ragazza; la deflora con la mano e raccoglie le sue primizie dentro del vino. Si dice anche che il padre e la madre, i parenti e i vicini se ne segnano tutti la fronte, o che essi lo assaggiano. Alcuni sostengono che il prete si unisce realmente con la ragazza; altri lo negano. Dato che non si permette ai Cinesi di essere testimoni di tali cose, non possiamo conoscere la esatta verità. Quando comincia a spuntare il giorno, si riporta il prete con musica, portantine e parasole. Bisogna in seguito riscattare la ragazza dal prete con dei regali di stoffe e di sete; se no lei resterebbe per sempre di sua proprietà e non potrebbe sposare nessun altro. Quel che io ho visto è accaduto la sesta notte della quarta luna dell' anno ting-yeu del periodo ta-to (28 aprile 1297). Prima di questa cerimonia, il padre con la madre e la figlia dormivano in una stessa stanza; ora, la figlia è esclusa dalla camera e va dove vuole, senza costrizioni né sorveglianza. Quanto ai matrimoni, benché esista la consuetudine di fare dei regali in stoffe, ma questa è una formalità senza importanza; molti hanno già prima dei rapporti illeciti con quelle che sposano dopo; le loro consuetudini non ne fanno motivo di vergogna, e neppure di stupore. La notte del cen-t'an, ci sono spesso in una sola via più di dieci famiglie che tengono la cerimonia. In città, quelli che portano i bonzi o i taoisti si incrociano nelle strade, e non c'è luogo dove non si senta il suono della musica.
 
9. Gli schiavi
Come schiavi, si acquistano dei selvaggi che facciano questo lavoro. Quelli che ne hanno molti ne hanno più di cento; quelli che ne hanno pochi ne hanno da dieci a venti; solo chi è molto povero non ne ha. I selvaggi sono degli uomini dei luoghi remoti di montagna. Formano una razza a parte che viene chiamata i briganti "Ciuang" (Ciong). Condotti in città, non osano andare e venire fuori dalle case. In città, se nel corso di una lite si chiama il proprio avversario "Ciuang", costui sente l'odio entrargli fino al midollo delle ossa: tanto questa gente è disprezzata dagli altri uomini. Giovani e forti, valgono un centinaio di bande di stoffa; vecchi e deboli, li si può avere per trenta o quaranta bande. Possono sedersi e coricarsi solo sotto la casa. Per il loro lavoro possono salire in casa, ma allora devono inginocchiarsi, giungere le mani, prosternarsi; solo dopo ciò possono venire avanti. Chiamano il loro padrone pa-t'o (patau) e la loro padrona mi (mi, mè); pa-t’o vuol dire padre, e mi madre. Se hanno commesso un errore e li si picchia, curvano la testa e ricevono la bastonata senza osar fare il pur minimo movimento. Maschi e femmine si accoppiano tra di loro, mai però il padrone vorrebbe avere relazioni sessuali con loro. Se un Cinese per caso giunge qui, e dopo il suo lungo celibato, ha per sbaglio una volta un rapporto con qualcuna di queste donne e il suo padrone lo viene a sapere, costui il giorno dopo si rifiuta di sedere insieme a lui, perché ha avuto un rapporto con una selvaggia. Se qualcuna di loro resta incinta da un estraneo alla casa e partorisce un bambino, il padrone non si cura di sapere chi è il padre, perché la madre non ha alcuna dignità civile e lui stesso trae profitto dal fatto che abbia dei bambini; sono dei nuovi schiavi per il futuro. Se uno schiavo fugge ed è ripreso, lo si marchia di blu sul viso; oppure gli si mette un collare di ferro al collo per tenerlo; altri portano questi ferri alle braccia oppure alle gambe.
 
10. La lingua
Questo paese ha una lingua particolare. Benché i suoni siano vicini ai loro, la gente del Ciampa e del Siam non li capisce. Uno si dice mei (muoi); due pie (pi); tre pei (bai); quattro pan (buan); cinque po-lan (pram); sei po-lan-mei (pram muoi); sette po-lan-pie (pram pi); otto po-lan-pei (pram bai); nove po-lan-pan (pram buan); dieci ta (dap); padre pa-t'o (patau); zio paterno anche pa-t'o; madre mi; zia paterna o materna e fino ai vicini di età rispettabile, ancora mi; fratello maggiore pang (ban); sorella maggiore, ugualmente pang; fratello minore pu-wen (phaon); zio materno k'i-lai (khlai); marito della zia paterna anche k'i-lai.
In generale, questa gente rovescia la posizione delle parole. Così, dove noi diciamo: "questo uomo è di Ciang San il fratello minore", per loro si dice "pu-wen Ciang San"[è il fratello minore di Ciang San]; "questo uomo è di Li Sseu lo zio materno", loro diranno "k'i-lai Li Sseu". Un altro esempio: loro chiamano la Cina pei-che; un mandarino, pa-ting; un letterato, pan-k'i. Ora, per dire "un mandarino cinese", da loro non si dice “pei-che pa-ting”, ma “pa-ting pei-che”; per "un letterato cinese", loro non diranno “pei-che pan-k'i”, ma “pan-k'i pei-che”; così è in generale. Ecco le grandi linee. Inoltre, nel parlare i mandarini hanno il loro stile mandarinale di deliberare; i letterati hanno una ricercata conversazione da letterati; i bonzi e i taoisti hanno il loro linguaggio da bonzi oppure da taoisti; la parlata delle città e dei villaggi è differente. E' proprio lo stesso caso che in Cina.
 
11. I selvaggi
Ci sono due speci di selvaggi. La prima è quella di quei selvaggi che capiscono la lingua corrente; questi sono quelli che si vendono nelle città come schiavi. L'altra specie è quella dei selvaggi che non si piegano alla civiltà e non capiscono la lingua. Questa specie di gente non abita in case; seguiti dalla loro famiglia, errano per la montagna, portando sulla testa solo una giara di argilla. Se incontrano un animale selvatico, lo abbattono con l'arco o con la lancia, attizzano il fuoco con una pietra, cuociono la bestia e poi tutti insieme la mangiano, poi ripartono. La loro natura è feroce, i loro veleni sono molto pericolosi. Nella loro stessa banda, si ammazzano spesso l'un l'altro. Nelle regioni più vicine ce ne sono anche di quelli che si dedicano alla coltura del cardamomo e dell'albero del cotone e che tessono delle stoffe. Ma le loro stoffe sono molto grossolane, con dei disegni assai bizzarri.
 
12. La scrittura
Gli scritti ordinari così come i documenti ufficiali sono scritti sempre su delle pelli di cervo o di daino o materiali analoghi, che si tingono di nero. Secondo le loro dimensioni in lunghezza e larghezza, ciascuno le taglia a suo piacimento. La gente usa una specie di polvere simile al gesso di Cina, e la confezionano in bastoncini chiamati so. Tenendo in mano questi bastoncini, scrivono sui pezzi di pelle dei caratteri che non si cancellano. Quando hanno finito di scrivere, mettono il bastoncino sull'orecchio. Il tipo di caratteri permettono loro anche di riconoscere chi ha scritto. Se si sfregano su qualche cosa di umido, si cancellano. In linea generale, i caratteri assomigliano molto a quelli degli Uiguri [lo uighur era una scrittura alfabetica imparentata con il siriaco e derivata dall' aramaico]. Scrivono da sinistra a destra e non dall'alto in basso. Ho sentito dire a Asan-qaya [?] che il loro alfabeto si pronuncia quasi come quelle dei Mongoli; solamente due o tre suoni non concordano. Non possiedono alcun sigillo. Per le petizioni, ci sono delle botteghe di scrivani dove le si scrive.
 
13. Il capodanno e le stagioni
Questa gente fa sempre della decima luna cinese il loro primo mese. Questo mese si chiama kia-to (katek). In questa occasione davanti al palazzo reale, si allestisce un grande palco che può contenere più di mille persone, e lo si addobba tutto con lanterne e fiori. Di fronte, a una distanza di venti tese, con dei pezzi di legno messi testa a testa, si allestisce un altro palco, della stessa forma delle impalcature usate per la costruzione degli stupa, e alto più di venti tese. In una notte se ne fanno tre o quattro, o cinque o sei. In cima si mettono dei razzi e dei petardi. Queste spese sono sostenute dalle province e dalle case nobili. Scesa la notte, si prega il sovrano di venire ad assistere allo spettacolo. Si fanno partire i razzi e si accendono i petardi. I razzi si vedono a più di cento stadi; i petardi sono grossi come pietre e la loro esplosione fa tremare tutta la città. Mandarini e nobili contribuiscono con dei ceri e dell'arec; le loro spese sono considerevoli. Il re invita allo spettacolo anche gli ambasciatori stranieri. Si va avanti così per quindici giorni, dopo tutto finisce. Ogni mese c'è una festa. Al quarto mese, "si getta la palla". Al nono, c'è il ya-lie (rap riep, "contare o censire"); il ya-lie consiste nel riunire in città tutta la popolazione del regno e passarla in rivista davanti al palazzo reale. Il quinto mese, si "va a cercare l' acqua dei Buddha"; si riuniscono i Buddha da tutti i punti del regno, si porta dell'acqua e in compagnia del sovrano li si lava. (Il sesto mese) si "fanno navigare dei battelli sulla terra ferma"; il principe sale su un belvedere per assistere alla festa. Al settimo mese, si "brucia il riso"; lo si va a cercare fuori dalla porta Sud, e poi lo si brucia come offerta al Buddha. Numerosissime donne [del palazzo] vanno con i carri o sugli elefanti a assistere a questa cerimonia, il sovrano resta nel palazzo. Nell'ottavo mese, c'è il ngai-lan; ngai-lan (ram) significa "danzare". Si designano degli attori e dei musicisti che ogni giorno vanno al palazzo reale per fare il ngai-lan; ci sono inoltre dei combattimenti di maiali [ selvatici] e di elefanti. Il sovrano invita gli ambasciatori stranieri ad assistervi. Ed è così per dieci giorni. Io non sono però in grado di ricordare con precisione ciò che riguarda gli altri mesi.
In questo paese, ci sono come da noi persone esperte di astronomia e possono calcolare le eclissi di sole e di luna. Ma per i mesi lunghi e per quelli corti hanno un sistema che è completamente diverso dal nostro. Negli anni embolismici ["embolismo": intercalare un mese lunare per ristabilire la concordanza dell'anno lunare con quello solare, già usato dagli antichi Ateniesi], anche loro devono avere un mese intercalare, ma loro intercalano solo il nono mese, cosa questa che io non capisco assolutamente. Ogni notte si divide in sole cinque veglie. Sette giorni fanno un ciclo; questa è una cosa analoga a quella che noi chiamiamo in Cina k'ai pi kien ci'u.
Dato che questi barbari non hanno né il nome di famiglia, né il nome proprio, e non tengono conto del loro giorno di nascita, si crea per molti di loro un "nome personale" con il giorno (della settimana) in cui sono nati. Credono che nella settimana ci siano due giorni molto fasti, altri tre giorni indifferenti, due giorni assolutamente nefasti; in un tal giorno si può andare a Est, in un tal'altro si può andare a Ovest. Anche le donne sanno fare questi calcoli. I dodici animali del ciclo degli anni corrispondono esattamente a quelli della Cina, ma i nomi differiscono. E' così che il cavallo è chiamato pu-sai (seh); il nome del gallo è man (moan); il nome del maiale è ce-lu (chru); il bue è chiamato ko (kou), etc.
 
14. La giustizia
Le diatribe del popolo, anche quelle più insignificanti, arrivano sempre fino al sovrano.
Mi è stato detto che non si conosce del tutto la pena (della bastonatura) con il bambù leggero o con quello pesante, né le condanne a ammende pecuniarie. Nei casi particolarmente gravi, non sono neppure previsti lo strangolmento o la decapitazione; ma, fuori dalla porta dell'Ovest, si scava una fossa in cui si mette il criminale; la si riempie poi di terra e di pietre che si comprimono bene; e così tutto è finito. Per casi meno gravi, c'è il taglio delle dita dei piedi e delle mani, o l'amputazione del naso. Tuttavia non ci sono delle norme contro l'adulterio e il gioco. Se il marito di una donna adultera ne viene messo al corrente, stringe tra due stecche i piedi dell'amante che non può sopportare il dolore, gli cede tutti i suoi beni, e allora ritrova la libertà. Ci sono anche (come da noi) delle persone che organizzano delle truffe.
Se qualcuno trova un morto davanti alla porta di casa, lo prende e con delle corde lo trascina fuori dalla cittá in qualche terreno isolato; ma non esiste nulla di quella che noi chiamiamo una "inchiesta completa". Quando delle persone prendono un ladro, gli si può applicare la pena della detenzione o della tortura. Si ricorre anche a un procedimento che è rimarchevole. Se qualcuno perde un oggetto e sospetta di esserne il ladro qualcun altro che si difende, si mette bollire dell'olio in una pentola e si obbliga la persona sospetta a immergervi la mano. Se è realmente colpevole, la mano è ridotta a brandelli; se no, pelle e carne rimangono come erano prima. Tale è la meravigliosa procedura di questi barbari. In oltre, mettiamo il caso in cui due uomini sono in litigio senza che si sappia chi ha torto o ragione. Davanti al palazzo reale ci sono dodici piccole torri in pietra. Si fa sedere ciascuno dei due su una torre, e i due uomini sono sorvegliati l'un l'altro dalle loro famiglie. Ci restano uno o due giorni, oppure tre o quattro. Quando scendono, colui che ha torto non può che essere stato colpito da qualche malattia; sia che gli vengano delle ulcere, o che abbia il catarro o febbre maligna. Quello che ha ragione non ha assolutamente nulla. Decidono così del giusto o dell'ingiusto; è quello che chiamano il "giudizio celeste". Tanta è la potenza sovranaturale del dio del paese.
 
15. Le malattie e la lebbra
La gente di questo paese si guarisce da sola da molte delle sue malattie andando di corsa a buttarsi nell' acqua e lavandosi poi ripetutamente la testa. Tuttavia si incontrano molti lebbrosi di tanto in tanto sulle strade. Anche se costoro (vengono) a dormire da loro, a mangiare con loro, gli indigeni non si oppongono. C'è qualcuno che dice che questa malattia è dovuta alle condizioni climatiche del paese. C'è stato un sovrano che ha contratto questa malattia; è per questa ragione che la gente non la tratta con disprezzo. Secondo il mio umile avviso, come regola generale si può prendere questa malattia se, subito dopo il piacere sessuale, si entra nell'acqua per bagnarsi; io ho sentito dire che gli indigeni, appena soddisfatti i loro desideri, entrano sempre nell'acqua per bagnarsi. Di dissenteria ne muoiono otto o nove su dieci. Come da noi si vendono delle droghe al mercato, ma diverse da quelle della Cina, e che io non conosco del tutto. Ci sono anche una specie di streghe che esercitano le loro pratiche sulla gente; tutto ciò è ridicolo.
 
16. I morti
Per i morti, non ci sono bare; ci si serve solo di una specie di stuoia, e la si ricopre con della stoffa. Nel corteo funebre, anche questa gente utilizza bandiere, stendardi e musica. Inoltre prendono due piatti di riso abbrustolito e lo gettano al volo all'intorno della strada. Il corpo viene portato fuori dalla città, fino a qualche luogo isolato e disabitato, qui lo lasciano e se ne vanno. Aspettano che gli avvoltoi, i cani e altri animali vengano a divorarlo. Se tutto accade velocemente, dicono allora che il loro padre, la loro madre avevano dei meriti e hanno perciò ottenuto la giusta ricompensa; se il corpo non viene mangiato, oppure è mangiato solo in parte, dicono che loro padre, loro madre hanno meritato questo risultato per qualche colpa. Ora ci sono anche delle persone che, poco a poco, cominciano a bruciare i loro morti; questi sono per la maggior parte dei discendenti di Cinesi. In occasione della morte del loro padre o della loro madre, i figli non mettono abiti a lutto, ma i figli si rasano la testa e le figlie invece si tagliano i capelli in alto sulla fronte, per la grandezza di un sapeco [moneta tonda in rame con un foro centrale]; questo è il lutto filiale.
I sovrani sono sepolti dentro delle torri, ma non so se si seppelliscono i loro corpi oppure le loro ossa.
 
17. L'agricoltura
In generale, si possono fare tre o quattro raccolti all'anno; il fatto è che tutto l'anno assomiglia alle nostre quinta e sesta luna [luglio e agosto] e che non si conoscono né tordi [?] né neve. In questo paese piove una metà dell'anno; l'altra metà dell'anno non piove assolutamente. Dalla quarta alla nona luna, piove tutti i giorni nel pomeriggio. Il livello delle acque del Grande lago può (allora) innalzarsi anche a sette o otto tese. I grandi alberi sono sommersi; spunta appena la loro cima. Le persone che abitano ai bordi dell' acqua si ritirano sulla montagna. In seguito, dalla decima luna alla terza luna (dell'anno successivo), non cade una sola goccia d'acqua. Il Grande lago non è allora navigabile che per le piccole barche; nei punti più profondi, non ci sono più che dai tre ai cinque piedi d'acqua. La gente allora ridiscende [dalla montagna]. I contadini tengono conto del tempo in cui il riso è maturo e dei punti che la piena può raggiungere in quel momento, e seminano di conseguenza secondo i posti. Per lavorare non usano i buoi. I loro aratri, le falci e le zappe, pur avendo qualche analogia di principio con le nostre, sono di una fabbricazione completamente diversa. C'è inoltre una specie di campi naturali dove il riso cresce sempre senza che lo si semini; quando sale l'acqua fino a una tesa, anche il riso cresce altrettanto; io penso che sia di una specie particolare.
Tuttavia, per concimare i campi e coltivare gli ortaggi, questa gente non fa uso alcuno di concime, che loro ripugna come impuro. I Cinesi che si recano là non gli parlano mai dello spargimento di concime in Cina, per paura di suscitare il loro disprezzo. Per due o tre famiglie, scavano una fossa che ricoprono di erba; quando è piena, la colmano e ne scavano un'altra in un altro posto. Dopo essere andati nei gabinetti, entrano nel bacino per lavarsi, ma usano solo la mano sinistra; la mano destra è riservata a prendere il cibo. Quando vedono un cinese andare al gabinetto e asciugersi con della carta, se ne fanno beffe e giungono fino a desiderare che quello non varchi la loro soglia. Tra le donne ce ne sono alcune che urinano in piedi; è davvero ridicolo.
 
18. La conformazione del paese
Dopo l'ingresso da Cien-p'u, ci sono quasi ovunque le folte macchie della foresta bassa; i larghi estuari del Grande fiume si estendono per centinaia di stadi; i profondi intrichi di vecchi alberi e lunghi bambù creano delle coperture lussureggianti. Ovunque si incrociano le grida degli uccelli e degli animali. Quando si è giunti alla metà del cammino nell'estuario, si vede per la prima volta della campagna incolta, senza alcuna traccia di bosco. Per quanto lontano si guardi, non si vede altro che abbondante miglio (selvatico). Per centinaia e centinaia di miglia, in questa regione i bufali selvatici si riuniscono in branchi. Ci sono poi dei pendii (coperti) di bambù che si estendono, anche essi, per molte centinaia di stadi. Ai nodi di questi bambù, nascono delle spine, e i germogli hanno un gusto molto amaro. Dai quattro lati, ci sono delle alte montagne.
 
19. I prodotti
Nelle montagne, ci sono molti boschi [alberi, legni] rari. Nei luoghi in cui non ci sono dei boschi si riuniscono e si riproducono i rinoceronti e gli elefanti. Gli uccelli pregiati, gli animali strani sono innumerevoli. I prodotti di maggior valore sono le piume del martin pescatore, le zanne di elefante, i corni di rinoceronte, la cera d' api. Fra i prodotti ordinari, c' é il legno di laka, il cardamomo, la gommagutta, la gommalacca e l'olio di "chaulmoogra".
Il martin pescatore è molto difficile da catturare. Nelle foreste folte ci sono degli stagni, e negli stagni dei pesci. Il martin pescatore vola fuori dalla foresta per cercare i pesci. Il corpo nascosto sotto delle foglie, un indigeno è nascosto al bordo dell'acqua. In una gabbia tiene come esca una femmina, e ha una piccola rete. Attende l'arrivo dell'uccello e lo prende nella rete. Certi giorni ne prende tre o cinque, e qualche volta neppure uno in tutta la giornata.
Sono gli abitanti delle montagne più lontane che possiedono le zanne di elefante. Per ogni elefante morto si hanno due zanne. Si raccontava un tempo che l'elefante cambia le sue zanne una volta all' anno, ma questo non è [vero]. Le zanne che vengono da un animale ucciso con la lancia sono le migliori. Vengono poi quelle che si trovano subito dopo che l'animale è morto di morte naturale. Le meno stimate sono quelle che si trovano nella montagna molti anni dopo la morte .La cera d'api si trova negli alberi marci dei villaggi. E' prodotta da una specie di ape dal corsaletto stretto come quello delle formiche. Gli indigeni gliela prendono [la cera]. Ogni battello può caricarne da due a tre mila favi; un favo grosso pesa da trenta a quaranta libbre; uno più piccolo, non meno di diciotto, diciannove libbre.
Il corno di rinoceronte bianco e venato è il piú stimato; mentre quello nero è inferiore.
Il legno di laka nasce nella foresta folta. Gli indigeni fanno fatica per tagliarlo; il fatto è che è il cuore di un albero, e attorno ci sono fino a otto e nove strati di alburno [strati legnosi tra cuore e corteccia]; gli alberi piccoli ne hanno almeno quattro o cinque strati.
Tutto il cardamomo è coltivato sulla montagna dai selvaggi. La gommagutta è la resina di un albero particolare. Un anno prima gli indigeni incidono l'albero, lasciano stillare la resina, e la raccolgono solo l'anno dopo. La gommalacca cresce nei rami di un albero particolare, e ha proprio la forma del epifita [vegetale che nasce su altro vegetale senza esserne un parassita, es. le liane] del gelso. E' molto difficile procurarsela.
L'olio di "chaulmoogra" viene dai grani di un grande albero. Il frutto assomiglia a un cocco, ma è rotondo; contiene molte decine di grani.
Anche il pepe si trova ovunque. Cresce arrotolato intorno ai bambù, e si attacca come il lu-ts'ao-tseu (luppolo ?). Quello fresco è verde-blu ed è il più amaro.
 
20. Il commercio
In questo paese sono le donne che si intendono di commercio. Così, se un Cinese arrivando qui comincia sempre con il prendere moglie, è perché approfitta in oltre delle attitudini commerciali di costei. Tutti i giorni c'è un mercato che comincia alle sei e finisce a mezzogiorno. Non ci sono (in questo mercato) dei negozi in cui la gente abita, ma si servono di una specie di stuoia che stendono per terra. Ciascuno ha il suo posto. Ho sentito dire che si paga alle autorità un affitto del posto. Nella piccole transazioni, si paga in riso, cereali, e oggetti cinesi; poi vengono le stoffe; per quel che riguarda le grandi transazioni, ci si serve di oro e di argento. In generale, le persone di questo paese sono estremamente semplici. Quando vedono un Cinese, gli testimoniano molto rispettoso timore e lo chiamano "Buddha". Quando lo vedono, si gettano a terra e si prosternano. Dopo qualche tempo ce ne sono anche certi che ingannano i Cinesi e fanno loro torto. Questo è provocato dal gran numero di quelli che ci sono venuti.
 
21. Le mercanzie cinesi che sono desiderate                              
Questo paese non produce, io credo, né oro né argento; quello che si stima di più è l'oro e l'argento cinese, e poi la seta screziata leggera a doppio filo. Dopo vengono gli stagni di Cen-ceu, i piatti laccati di Ts'iuan-ceu, il mercurio, il cinabro, la carta, lo zolfo, il salnitro, la radice di angelica, il sandalo, il muschio, la tela di canapa, la tela di Huang-ts'ao, gli ombrelli, le pentole di ferro, i piatti di rame, le perle di acqua dolce, l' olio di "abrasin"[?], le nasse di bambu , i vassoi, i pettini e gli aghi. Fra i prodotti più comuni e pesanti, ci sono per esempio le stuoie di Ming-ceu (Ning-po). Ciò che questa gente più vivamente desidera avere, sono le fave e il frumento; ma ne è proibita l'esportazione (dalla Cina).
 
22. La flora
Solamente la melagrana, la canna da zucchero, i fiori e le radici di loto, il carambola, la banana e il “conosielin’ (?) sono identici a quelli della Cina. Il lichi e l'arancio sono della stessa forma (che da noi), ma acidi. Tutti gli altri (frutti) non li si sono mai visti in Cina. Anche gli alberi sono molto differenti. Le piante floreali sono in numero ancora piÙ grande, e in più hanno allo stesso tempo il profumo e la bellezza. I fiori acquatici sono di speci ancora piú numerose, ma io ignoro i loro nomi. Quanto ad alberi di pesche, di prugne comuni, di albicocche, di prugne mume, i pini, i cipressi, gli abeti, i ginepri, i peri, i giuggioli, i pioppi, i salici, le cannelle, le orchidee, i crisantemi, non ne hanno. Alla prima luna (cinese) in questo paese ci sono già dei fiori di loto.
 
23. Gli uccelli
Tra i loro uccelli, il pavone, il martin pescatore, il pappagallo non esistono in Cina. Per il resto, hanno come noi degli avvoltoi, corvi, aironi, passeri, cormorani, cicogne, gru, anatre selvatiche, canarini (?), etc.; ma non hanno la gazza, la rondine, il rigogolo, il piccione, il succiacapre, la rondine, l'oca selvatica.
 
24. I quadrupedi
Fra i loro quadrupedi, il rinoceronte, l'elefante, il bufalo selvatico, e il "cavallo di montagna" non esistono in Cina. C'è gran abbondanza di tigri, pantere, orsi, cinghiali, cervi, daini, gibboni, volpi, etc. Quel che manca è il leone, il sing-sing [?], il cammello. Non c'è bisogno di dire che in questo paese ci sono polli, anatre, buoi, cavalli, maiali, montoni. I cavalli sono molto piccoli. Abbondano i buoi. La gente cavalca i buoi quando sono vivi, ma quando sono morti non osano né mangiarli, né scuoiarli; lasciano che vadano in putrefazione, perché questi animali hanno speso le loro forze al servizio del uomo. Li attaccano solo alle carrette. Un tempo non c'erano le oche; da poco tempo dei marinai ne hanno portate dalla Cina; ora anche loro hanno questo animale. Hanno dei topi grossi come dei gatti, e anche una specie di topi la cui testa è simile in tutto a quella di un giovane cane.
 
25. I legumi
Come verdura, hanno le cipolle, la senape, il porro, la melanzana, la anguria, la zucca, il cocomero, la “anserina” (?); non hanno la rapa, la lattuga, la cicoria, gli spinaci. Dalla prima luna si hanno le melanzane e le cucurbitacee; ci sono piante di melanzane che non sono sradicate da molti anni. Gli alberi del cotone possono superare l'altezza delle case: ce ne sono che vivono da più di dieci anni. Ci sono verdure di cui ignoro il nome; anche le verdure acquatiche sono molto numerose.
 
26. I pesci e rettili
Fra pesci e tartarughe, è la carpa nera quella che è più diffusa; molto numerose poi sono le carpe ordinarie, le carpe bastarde, le tinche. Ci sono dei ghiozzi, fra i quali quelli grossi pesano due libbre e più. Esistono numerosi pesci dei quali io ignoro il nome. Tutti questi pesci vengono dal Grande lago. Quanto ai pesci di mare, ce ne sono di tutte le speci, delle anguille, dei gronghi di lago (?). Loro non mangiano le rane; anche se di notte pullulano sulle strade. Le tartarughe di mare e gli alligatori sono grossi come un ho-ciu. Mangiano anche tartarughe a Sei tsang. I gamberi di Ci'a-nan pesano una libbra e più. Le zampe di tartaruga di Cen- p'u arrivano fino a otto o nove pollici. Ci sono dei coccodrilli grossi come barche, che hanno quattro zampe e sembrano in tutto al dragone, salvo il fatto che non hanno le corna; il loro ventre è molto crostoso. Nel Grande lago, si possono raccogliere con le mani bivalve e gasteropodi. Non si vedono i granchi; io penso però che ce ne siano, ma che la gente non li mangi.
 
27. Le bevande fermentate
Questa gente ha quattro tipi di vino. Il migliore é chiamato dai Cinesi "vino di miele"; lo si prepara con una droga a fermentazione, a cui si mescola a metà del miele e dell'acqua. Un altro tipo è chiamato dagli indigeni p'ong-ya-sseu; lo si ottiene con delle foglie di albero; p'ong-ya-sseu è il nome delle foglie di un certo albero. Ancora al di sotto c'è il vino fatto con il riso crudo o con i resti del riso cotto, e che si chiama pao-leng-kio; pao-leng-kio significa "riso". Come ultimo viene il vino di zucchero; lo si fa con dello zucchero [liquido e fermentato]. Inoltre, quando si penetra nell'estuario, si ha ancora lungo il fiume del vino di succo di kiao (vino di kajang ?); c'è in effetti una specie di foglie di kiao che nasce ai bordi del fiume, e il suo succo può dare del vino per fermentazione.
 
28. Il sale, l'aceto, la soia
In questo paese, lo sfruttamento delle saline non è sottomesso a alcuna restrizione. Lungo tutta la costa, a partire da Cen-p'u e da Pa-kien, si ottiene il sale facendo cuocere l'acqua di mare. Nelle montagne c'è anche un minerale il cui sapore è migliore di quello del sale; lo si può tagliare e farne degli oggetti. Gli indigeni non sanno fare l'aceto. Se desiderano rendere una salsa acida, vi aggiungono le foglie del hien-p'ing . Se l'albero germoglia, usano i germogli; se l'albero è in grani, usano i grani. Non sanno neppure preparare la soya, per mancanza di orzo e di fagioli. Non fanno il lievito di grano. Quando fanno del vino con del miele, dell'acqua e delle foglie d'erba, è una "madre" di vino quella di cui si servono, che assomiglia alla madre di vino bianca dei nostri villaggi.
 
29.   I bachi da seta e il gelso 
Gli indigeni non si dedicano (all'allevamento) dei bachi da seta né (alla coltivazione) del gelso, e le loro donne non ne sanno egualmente nulla dei lavori con l'ago e con il filo, della confezione e rammendo. Sanno solo tessere delle stoffe con il (cotone del) albero del cotone; ma non sanno filare all'arcolaio, e fanno il filo a mano. Non sono capaci a tessere; si accontentano di attaccare una estremità della pezza alla loro cintura e continuano il lavoro alla altra parte. Come spola, non hanno che dei tubi di bambù. Recentemente alcuni Siamesi si sono stabiliti in questo paese, e si sono dedicati all'allevamento dei bachi da seta e alla coltivazione del gelso; ma i loro grani di gelso e i loro grani di baco da seta vengono tutti dal Siam. Questa gente non ha neppure della ramia [pianta tessile, chiamata anche "ortica di Cina"], ma solamente del lo-ma. I Siamesi tessono con la seta delle stoffe damascate scure con cui si vestono. Le donne siamesi sanno cucire e rammendare. Quando il tessuto che indossano si strappa, gli indigeni prendono a servizio (delle donne siamesi) per ripararlo.
 
30. Gli utensili
La gente ordinaria ha una casa, ma senza tavolo, panca, vasca, secchio. Usano solamente una marmitta di terra per cuocere il riso, e utilizzano inoltre una padella di terra per preparare la salsa. Interrano tre pietre per fare un focolare, e con il guscio di una noce di cocco si fanno un mestolo. Per servire il riso, usano dei piatti cinesi di terra o rame. Per la salsa, utilizzano delle foglie di albero con cui fanno piccole tazze da cui, anche se sono piene di liquido, non cola niente. Inoltre, fanno con delle foglie di kiao dei cucchiai per attingere il liquido (in queste tazze) e portarlo alla bocca; quando hanno finito, li gettano via. Li usano pure nelle loro offerte ai genii e al Buddha. Tengono a fianco una ciotola di stagno o di terra piena d'acqua per lavarvisi le mani; il fatto è che non usano altro che le dita per raccogliere il riso, che si attacca alle dita e senza questa acqua non se ne andrebbe via. Bevono il vino dentro dei bicchieri di stagno; i poveri usano delle scodelle di terra. Le case nobili o ricche utilizzano per ogni persona dei recipienti di argento, talvolta anche d'oro. Per le feste reali, si usano nimerosi utensili fatti in oro, di modelli e di forme particolari. A terra, si stendono delle stuoie di Ming-ceu; c'è anche chi stende delle pelli di tigre, di pantera, di cervo, di daino, etc...o delle stuoie di bambù. Da poco, hanno cominciato a usare delle tavole basse, alte circa un piede. Per dormire, non si usa altro che delle stuoie, e ci si corica su delle tavole. Da poco, alcuni usano anche dei letti bassi, che sono in genere fabbricati da Cinesi. Coprono i loro alimenti con un panno; nel palazzo reale, ci si serve a questo scopo di sete a doppio filo chiazzate d'oro che sono tutte dei regali dei mercanti d'oltremare. Per (decorticare) il riso, non usano macine, ma ci si limita a batterlo con un pestello e con un mortaio.
 
 
31. Le carrette e le portantine
Le portantine sono fatte con un pezzo di legno che è curvato nella sua parte mediana e le cui estremità si rialzano dritte; vi si scolpiscono dei motivi floreali e le si riveste con oro o argento; questo è quello che si chiama supporto di portantina in oro o in argento. A circa un piede da ciascuna estremità si pianta un gancio, e con delle corde si attacca ai ganci una grande pezza di stoffa ripiegata a grossi pieghi. Ci si adagia in questa tela e due uomini conducono la portantina. Alla portantina si aggiunge inoltre un oggetto simile alla vela di una nave, ma più larga, che si orna con sete variegate; la portano quattro uomini che seguono la portantina correndo. Per andare lontano, ci sono anche persone che montano sull'elefante o che vanno a cavallo; certi usano anche delle carrette, di modello identico a quelle usate negli altri paesi. I cavalli non hanno la sella né gli elefanti hanno dei banchetti per sedersi.
 
32. Le barche e i remi
Le grandi barche sono costruite con tavole di alberi (a legno) duro. Gli operai non hanno delle seghe e ottengono le tavole solo spaccando gli alberi con l'ascia; è un grande spreco di legno e un grande spreco di fatica. Ogni cosa che si voglia fare in legno, ci si limita a spaccarlo e a tagliarlo con lo scalpello; è lo stesso anche nella costruzione delle case. Per le grandi barche, ci si serve anche di chiodi di ferro, e si ricoprono queste barche con foglie di kiao (kaj-ang) tenute insieme da listelli di legno della pianta dell'arac. Un battello di questo genere si chiama sin-na; va a remi. Il grasso di cui lo si spalma è grasso di pesce, e la calce che si mescola è della calce minerale. Le barche piccole sono fatte con un grande albero che si scava come un trogolo; lo si intenerisce con il fuoco e lo si allarga a forza di pezzi di legno; anche queste barche sono larghe al centro e affilate alle estremità. Non hanno le vele e possono portare più persone; non le si conduce che con i remi. Sono chiamate p'i-lan.
 
33. Le province
Ci sono piú di novanta province: Cen-p'u, Ci'a-n, Pa-kien, Mo-Ieang, Pa-sie, P'u-mai, Ce-kuen, Mu-tsin-po, Lai-kan-k'eng, Pa-sseu-li; io non posso ricordare i dettagli delle altre. Ciascuna ha i suoi mandarini, e in ciascuna è stata costruita una cinta fortificata con le palizzate in legno.
 
34. I villaggi
Ogni villaggio ha o un tempio, oppure una torre. Se gli abitanti sono sia tanto che poco numerosi, hanno sempre un mandarino locale che si chiama mai-tsie (mè srok). Sulle grandi strade, si trovano dei posti di riposo analoghi alle stazioni di posta; li si chiama sen-mu (samnak). Recentemente, nel corso della guerra con il Siam, (i villaggi) sono stati interamente devastati.
 
35. La raccolta del fiele
Un tempo, nel corso della ottava luna (cinese), si raccoglieva il fiele; il fatto è che il re del Ciampa esigeva ogni anno una giara con migliaia e miriadi di fieli umani. Di notte, in molte regioni si appostavano degli uomini nei luoghi più frequentati delle città e villaggi. Se incontravano delle persone che circolavano di notte, gli coprivano la testa con un cappuccio chiuso con una corda, e con un piccolo coltello levavano il fiele dal basso del lato destro. Si aspettava di raggiungere il numero e li si offriva al re del Ciampa. Ma non si prendevano i fieli dei Cinesi. Il fatto è che un anno si era preso un fiele di Cinese e lo si era messo con gli altri, ma in seguito tutti i fieli della giara marcirono e non li si potè più utilizzare. Recentemente è stata abolita la pratica della raccolta del fiele, e i mandarini, e i loro subordinati, che raccoglievano il fiele sono stati sistemati in un luogo a parte facendoli abitare in città, presso la porta Nord.
 
36. Un prodigio
In città, presso la porta dell'Est, ci fu un barbaro che fornicò con la sua sorella minore. La loro pelle e la loro carne si incollarono insieme senza staccarsi, e dopo tre giorni passati senza cibo, tutti e due sono morti. Il mio compaesano Sie, che ha passato trentacinque anni nel paese, afferma di aver visto il caso verificarsi due volte. Se è cosí, è perché (la gente di questo paese) sa usare la potenza sovranaturale del santo Buddha.
 
37. I bagni
Il paese è terribilmente caldo e non si saprebbe passare una giornata senza bagnarsi più volte. Anche di notte, non si può fare a meno di farlo una o due volte. Non ci sono né sale da bagno, né vasche, né secchi. Ma ogni famiglia ha un bacino; oppure, due o tre famiglie ne hanno uno in comune. Tutti, uomini e donne, entrano nel bacino nudi. Soltanto, quando il padre, la madre, o delle persone di età sono nella vasca, i figli e figlie o i giovani non vi entrano. Oppure se i giovani si trovano nel bacino, le persone di età se ne tengono lontane. Ma se si è della stessa età, non si presta alcuna attenzione; le donne nascondono il loro sesso con la mano sinistra entrando nell'acqua, e ecco tutto. Ogni tre, o quattro, cinque o sei giorni, le donne della città, tre a tre, cinque a cinque, vanno a bagnarsi fuori dalla città nel fiume. Arrivate al bordo del fiume, si tolgono quel pezzo di stoffa che loro circonda il corpo e entrano nell'acqua. Anche le donne di case nobili partecipano (a questi bagni) e non ne provano alcuna vergogna. Tutti possono vederle dalla testa ai piedi. Nel grande fiume al di fuori della città, non c'è giorno in cui questo non accada. I Cinesi, nei loro giorni di riposo, si concedono spesso il piacere di andare a vedere. Ho sentito dire che ci sono anche alcuni che entrano nell'acqua e cercano di approfittare delle occasioni. L'acqua è sempre calda come se fosse stata sul fuoco; e non è che alla quinta veglia che si rinfresca un po'; ma dal momento in cui si alza il sole, si riscalda nuovamente.
 
38. Gli immigrati
I Cinesi che arrivano come marinai trovano piacevole che in questo paese non ci sia da mettersi dei vestiti [caldi, pesanti], e come inoltre il riso sia facile da guadagnare, le donne facili da trovare, le case facili da sistemare, il mobilio facile da acquistare, il commercio facile da dirigere, ce ne sono costantemente che disertano per (restare).
 
39. L' esercito
Anche le truppe vanno con il corpo e i piedi nudi. Nella mano destra tengono la lancia; nella mano sinistra, lo scudo. Non ci sono né archi né frecce, né baliste né proiettili, né corazze né elmi. Si dice che, nella guerra contro i Siamesi, tutta la popolazione abbia dovuto combattere. In generale, questa gente non ha del resto né tattica né strategia.
 
40. Le uscite del sovrano
Ho sentito dire che, sotto i precedenti sovrani, le impronte delle ruote del loro carro non superavano mai la soglia; e ciò per evitare fortuite disgrazie. Il nuovo principe è il genero del vecchio sovrano. Prima aveva l'incarico di guidare le truppe. Il suocero amava sua figlia; la figlia lo derubò della spada d'oro e la consegnò al marito. Il vero figlio fu di conseguenza privato della successione. Complottò per far sollevare le truppe ma il nuovo principe lo venne a sapere, allora lo prese, gli tagliò le dita dei piedi e lo relegò in una camera buia. Nel corpo del nuovo re è incastonato (un pezzo di) ferro sacro, così bene che anche coltelli e frecce, colpendo il suo corpo, non possono ferirlo. Reso sicuro da ciò, il nuovo re osa uscire. Io ho passato in questo paese più di un anno, e lo ho visto uscire quattro o cinque volte. Quando il principe esce, delle truppe sono di scorta in testa; poi vengono gli stendardi, i gagliardetti, la musica. Delle ragazze del palazzo, da tre a cinquecento, in stoffe ad arabeschi, dei fiori nello chignon, tengono in mano dei ceri, e formano una schiera esse da sole; anche in pieno giorno i loro ceri sono accesi. Poi vengono delle ragazze del palazzo che portano gli utensili reali in oro e argento e tutta la serie degli ornamenti, il tutto in modelli molto particolari e il cui uso mi è sconosciuto. Poi vengono delle ragazze del palazzo che tengono in mano lancia e scudo, e sono la guardia privata del palazzo; anche esse formano una schiera da sole. Vengono poi le carrette tirate da capre, le carrette tirate da cavalli, tutte ornate di oro. I ministri, i principi sono tutti in arcione sugli elefanti; davanti a loro si scorgono da lontano i loro parasole rossi, che sono innumerevoli. Dopo di loro arrivano le spose e le concube del re, in portantina, su carrette, a cavallo, su elefanti; hanno certamente più di cento parasole chiazzati d'oro. Dietro di loro, viene allora il sovrano, in piedi su un elefante e tenendo in mano la preziosa spada. Anche le zanne dell'elefante sono in una guaina d'oro. Ci sono più di venti parasole bianchi chiazzati in oro e i cui manici sono in oro. Numerosi elefanti gli si pressano tutto intorno, e ci sono anche delle truppe per proteggerlo. Se il sovrano si reca in un luogo vicino, si serve soltanto di portantine d'oro , che sono portate da ragazze del palazzo. Il più delle volte, il sovrano uscendo va a visitare una piccola torre in oro davanti alla quale c'è un Buddha in oro. Coloro che vedono il re devono inginocchiarsi e toccare terra con la fronte; questo è quello che si chiama san-pa (sambah). Altrimenti, sono afferrati dai maestri di cerimonia che non li rilasciano per nulla. Ogni giorno il sovrano tiene due volte udienza per decidere sugli affari di governo. Non c'è una lista prestabilita. Quelli fra i funzionari o del popolo che desiderano vedere il sovrano siedono a terra per aspettarlo. A capo di un po' di tempo, si ode nel palazzo una musica lontana; e da fuori si soffia allora dentro delle conchiglie per dare il benvenuto al re. Ho sentito dire che il re non si serve che di una portantina in oro; non viene da lontano. Un istante dopo, si vedono due ragazze del palazzo sollevare con le loro sottili dita la tenda e il sovrano, tenendo in mano la spada, appare in piedi nella finestra d'oro. I ministri e la gente del popolo congiungono le mani e battono il suolo con la fronte; quando il suono delle conchiglie cessa, possono risollevare la testa. Il re allora va a sedersi. Là dove siede, c'è una pelle di leone, che è parte del tesoro reale ereditario. Quando gli affari da trattare sono terminati, il re se ne ritorna; le due ragazze del palazzo lasciano ricadere la tenda; tutta la gente si alza. Da tutto questo si può vedere che pur essendo un regno di barbari, questo popolo non trascura di sapere che cosa è un principe.